La Lega in Lombardia vuole vietare il velo islamico nelle scuole. Imam: “Sono contrario alle forzature, non al multiculturalismo”

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Una mozione firmata dai consiglieri leghisti che punta a “dare piena attuazione alla delibera del 2015” della Lombardia che pone il veto a burqa e niqab nei luoghi pubblici, estendendo al governo la possibilità di “valutare l’estensione della misura a tutti gli ambienti scolastici“. Ma quello che chiede il testo presentato il 27 gennaio al Pirellone è il divieto di indossare in luogo pubblico o aperto al pubblico il velo islamico, ritenuto contrario al rispetto della dignità della donna.

All’origine dello scambio di prospettive, un incontro che si è tenuto al Consiglio Regionale della Lombardia, con il capogruppo leghista al Pirellone, Alessandro Corbetta e i relatori di due proposte, la prima presentata alla Camera dal deputato del Carroccio, Igor Iezzi, che prevede lo stop a burqa e niqab nei luoghi pubblici e l’istituzione di un nuovo reato per punire chi costringe con violenza o minaccia qualcuno a indossare il velo. E l’altra, sul ‘Rispetto del divieto di copertura del volto e del capo nei luoghi pubblici, al fine di garantire la sicurezza pubblica’, presentata in Consiglio regionale dalla consigliera leghista, Silvia Scurati. Presente anche l’europarlamentare Silvia Sardone, che recentemente ha presentato in Commissione europea un’interrogazione sul divieto del velo islamico nelle scuole.

“Queste proposte – spiega all’Adnkronos Silvia Sardone – mirano a far alzare la testa rispetto ad una sottomissione che parte dal vero islamico nelle scuole o dal burqa nelle strade del nostro Paese. Il tema non è solo quello della sicurezza, che già di per sé è valido, ma soprattutto di libertà. Troppo spesso le cronache ci consegnano storie di donne obbligate ad indossare il velo islamico e questo non è simbolo di libertà, ma di sottomissione. L’interrogazione che ho presentato in Commissione Ue, così come la mozione alla Regione Lombardia, mirano proprio ad introdurre il divieto di velo islamico in scuole dell’infanzia e scuole elementari perché si parla di bambine. E a me pare lapalissiano che una bambina di 5 anni non sia in grado di esercitare una scelta libera e consapevole nell’indossare il velo”.

Sull’istituzione del nuovo reato che punisce chi costringe con violenza o minaccia qualcuno a indossare il velo, l’Imam della Moschea Al-Wahid di Milano, Yahya Pallavicini, è molto chiaro: “Io sono estremamente critico a qualsiasi forzatura, soprattutto su giovani e donne, ma proprio in virtù di alcuni valori sulla libertà, francamente non sono contrario al multiculturalismo. Non sono cioè contrario al fatto che ci siano sensibilità o abitudini differenti tra donne anziane, donne giovani, donne di una cultura, donne di un’altra cultura, uomini o altro. Tantomeno sono a favore del suprematismo di un’identità culturale rispetto all’altra perché penso che esistono popoli con degli aspetti più conservatori o altri più progressisti e tutti e due hanno pari legittimità e dignità di far parte della società”. “Io non ho alcun problema ad affermare che se si tratta di evitare il burqa e il niqab, sono totalmente d’accordo – afferma Pallavicini-; anzi, in realtà non mi sento neanche parte in causa. Occorre fare prima di tutto un po’ di chiarezza, perché se si tratta di coprire totalmente il volto a maschi o femmine di qualsiasi cultura o religione, penso che sarebbe disdicevole e inopportuno; se invece si intende anche l’hijab, cioè il velo che copre soltanto i capelli lasciando completamente scoperto il volto delle donne, ritengo necessario un processo più ampio, che parta dall’educazione e dalla libertà consapevole di potersi vestire in un modo o nell’altro”.

Il rischio, spiega Pallavicini, è che si faccia “una campagna di demonizzazione: collegando qualsiasi maschera sul volto, compreso il burqa, il niqab e il velo più tradizionale che molte donne religiose portano durante la preghiera, si crea solo una grande confusione. Bisognerebbe avere consapevolezza delle differenze, visto che si tende solo a parlare di ‘velo islamico’. Questo servirebbe anche per una maggiore dignità di dialettica politica, perché se per ogni cosa che vogliamo proibire dobbiamo aggiungere l’aggettivo ‘islamico’, secondo me si vuole solo mettere in dubbio la dignità dell’Islam”. In sostanza, avverte l’Imam, “se diciamo che a scuola non ci si può andare a volto coperto né da una maschera, né da un casco, né da un velo, non vedo alcun problema; se però a questo dobbiamo aggiungere un aggettivo, ho l’impressione che ci sia sempre una faziosa volontà di criticare un popolo, una comunità o una o una religione”.

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