Serbia: la piazza dei giovani chiede giustizia

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Dopo tre mesi di proteste il malcontento popolare nel Paese balcanico non si placa e la crisi, in seguito alla tragedia della tettoia crollata a Novi Sad, è diventata politica. L’analisi di Nikola Burazer, direttore dei programmi del Centro di politica contemporanea di Belgrado

Proteste in Serbia (Foto ANSA/SIR)

Dal 1° novembre migliaia di persone continuano a occupare le piazze delle maggiori città serbe: Belgrado, Novi Sad, Nis e altre ancora. Hanno iniziato gli studenti universitari e delle scuole superiori, indignati dopo la tragedia di Novi Sad in cui hanno perso la vita 15 persone per il crollo di una tettoia della stazione ferroviaria. Presto però si sono aggiunte altre categorie: i lavoratori della compagnia elettrica, giudici, avvocati, agricoltori. Secondo diversi analisti si tratta del maggiore movimento studentesco in Europa dopo il 1968 e un’ondata di malcontento che Belgrado non vedeva dal 2000, anno in cui erano scoppiate le proteste contro l’allora presidente serbo Slobodan Milosevic che avevano portato alla sua caduta dal potere.

Passato e presente. 25 anni dopo, l’uomo forte nella politica di Belgrado è Alexander Vucic, il cui passato è legato a Milosevic, essendo lui il ministro dell’informazione nell’ultimo governo dello storico presidente serbo. Nel 2014 Vucic è diventato primo ministro e dal 2017 presidente del Paese balcanico. La settimana scorsa le proteste degli studenti hanno portato alle dimissioni del primo ministro Milos Vucevic che è del partito di Vucic (Sns), ma questo non ha fermato i giovani. Il 1° febbraio, tre mesi dopo la tragedia di Novi Sad, di nuovo decine di migliaia di persone hanno manifestato occupando tre dei ponti sul Danubio. Gli studenti di Belgrado erano arrivati a piedi.

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Rabbia accumulata. “Le persone non sono contente del modo in cui è governato il Paese – spiega al Sir Nikola Burazer, direttore dei programmi del Centro di politica contemporanea di Belgrado e redattore del portale European Western Balkans –. Dilaga la corruzione, si è affermata anche una cultura di violenza, non solo fisica ma anche verbale tramite i media statali e privati controllati dal governo”. A suo avviso “la tragedia di Novi Sad ha scatenato una rabbia e un malcontento che già si erano accumulati nel tempo”. In seguito, gli eventi sono diventati una valanga e la situazione, secondo l’analista, “è stata gestita molto male”. “Le autorità hanno rifiutato di prendersi la responsabilità e ci sono stati anche degli attacchi nei confronti degli studenti che protestavano da parte di esponenti del partito al governo, arresti e intimidazioni anche verso attivisti stranieri”, racconta.

Senza rivendicazioni politiche. L’elemento particolare della protesta, però, è che gli studenti non hanno rivendicazioni politiche. “Loro vogliono la pubblicazione totale e completa della documentazione sui lavori di ristrutturazione della stazione, conclusi poche settimane prima del crollo, la punizione dei responsabili delle violenze contro gli studenti, il rilascio di tutti gli arrestati nel corso delle manifestazioni, l’aumento del 20% del bilancio a favore di università e scuole superiori”, spiega Burazer. Da parte sua il presidente Alexander Vucic ha dichiarato più volte che queste richieste sono state esaudite e il dialogo tra autorità e manifestanti sembra sempre più difficile. “Gli studenti – dice Burazer – non vogliono che il Presidente della Repubblica faccia giustizia perché chiedono che le istituzioni svolgano il loro lavoro secondo lo stato di diritto”. “Anche per questo dopo le dimissioni del premier Vucevic non è cambiato niente”.

Proposta di dialogo. Ultimamente Vucic ha usato anche parole forti, accusando “agenzie investigative straniere che vogliono destabilizzare il Paese”. Il Presidente ha proposto di iniziare “un dialogo e risolvere i problemi nel modo migliore e più veloce possibile”. “Se non volete parlare con me, ci sono un sacco di ministro con cui potrete farlo”, ha detto. “Se non volete parlare con loro ci sono altri, ma iniziamo a risolvere i problemi perché i nostri ragazzi possano tornare a scuola”. Vucic ha invitato il rettore e gli altri responsabili dell’Università di Belgrado a un incontro.

Dopo le dimissioni del premier? Secondo Nikola Burazer non ci saranno le elezioni anticipate perché “le stesse forze dell’opposizione non dimostrano alcuna volontà di parteciparvi”. Tra l’altro le proteste non chiedono le dimissioni del governo ma istituzioni funzionanti secondo lo stato di diritto. Il presidente Vucic ha dichiarato che convocherà tutti i partiti presenti nel parlamento, ma si aspetta che alcuni rifiuteranno.

L’ascesa dei giovani. “È impressionante sentire tutti questi giovani, vedere l’importanza che assegnano allo stato di diritto per il loro futuro, specialmente se consideriamo l’apatia che di solito regna tra i loro coetanei europei riguardo la politica”, conclude Burazer. È d’accordo anche Vesna Radic, cittadina di Belgrado ripresa dall’agenzia di stampa bulgara Bta che afferma: “Gli studenti realizzeranno il cambio e la democratizzazione di tutta la società che noi – i loro nonni e genitori – non siamo riusciti a ottenere trent’anni fa”.





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