Cia Etruria, agricoltura sostenibili possibile

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L’incontro nell’ambito del Nexus Ecosystem Lab Val di Cornia e Val di Cornia Osservatorio Unesco per l’Ecoidrologia

CAMPIGLIA MARITTIMA — Propositivo e collaborativo ma resta pur sempre un grido di allarme quello lanciato dagli agricoltori e dalle associazioni di categoria presenti all’incontro del Nexus Ecosystem Lab Val di Cornia nell’ambito del progetto EU “PRIMA NEXUS-NESS” e Val di Cornia Osservatorio UNESCO per l’Ecoidrologia organizzato presso la sala riunioni del Consorzio di Bonifica 5 Toscana Costa.

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L’obiettivo, come ha evidenziato dal coordinatore del progetto Rudy Rossetto del Sant’Anna di Pisa, è quello di raggiungere un modello di sostenibilità ambientale, sociale ed economica della Val di Cornia al 2030 attraverso la pianificazione integrata di risorse preziosissime come l’acqua e dei processi di produzione agricola. Una vera e propria coprogettazione per la quale è stato richiesto un quadro analitico dell’attuale situazione sul nostro territorio, finora noto come “orto della Toscana”. 

“Il numero di aziende agricole in Val di Cornia – ha riferito Marino Geri, responsabile Cia Val di Cornia – è passato dalle 1.093 del 2020 alle 1.062 del 2023 e purtroppo temiamo che il numero sia destinato a diminuire ulteriormente”. 

A sovraccaricare gli agricoltori di oneri incidendo sempre più spesso sulla difficile decisione di abbandonare la terra sarebbero, oltre agli elevati costi di produzione (a fronte di un esiguo margine reddituale), l’asfissiante burocrazia e lo scarsissimo ricambio generazionale. Sempre in base ai dati Artea sul nostro territorio sono cambiate molto anche le colture: se nel 2018 al carciofo (emblema della Val di Cornia) veniva dedicata una superfice di 326 ettari, appena cinque anni dopo la stessa è ridotta a 190,9 ettari. Analogamente il cocomero è passato da oltre 70 ettari ai 24,3 del 2023; il melone da 284,7 ettari a 147,9; lo spinacio addirittura da 241,2 ettari di coltivazione a 24,3 perdendo qualcosa come -89,93%. A fare eccezione è solo il pomodoro passato in un quinquennio da 161,3 ettari a 246,7. Stessa sorte per coltivazioni come cece, frumento duro e tenero (rispettivamente -43%, -18% e -14%) mentre assistiamo ad un’inversione di tendenza per la coltivazione di vite e olivo, entrambi cresciuti in ciascuno dei comuni della Val di Cornia.

In un simile scenario sono state avanzate molte proposte tra cui: aumentare l’efficienza irrigua e la competitività internazionale del settore agricolo, considerare l’agricoltura come elemento centrale e, per stare su un tema di estrema attualità, introdurre varietà innovative in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici.

“Occorre ripensare il ruolo dell’agricoltura e dell’agricoltore stesso – ha commentato Cinzia Pagni, presidente Cia Etruria – le nuove sfide tra innovazione. tecnologia e presidio del territorio impongono di declinarne la figura in molteplici sfaccettature e relativi ruoli. La politica deve intervenire urgentemente ed in modo diversificato proprio per rispondere alla molteplicità delle esigenze del settore. Siamo preoccupati? Certamente sì, ma anche fiduciosi che si comprenda che senza agricoltura non c’è futuro”, ha concluso.





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