Le sfide della transizione verso lo sviluppo sostenibile, in particolare quelle ambientali, ci impongono di ripensare il modo di fare impresa. Il diritto del lavoro e la contrattazione collettiva possono essere strumenti chiave per affrontare i cambiamenti necessari, ma ci sono alcune sfide da superare, tra cui la mancanza di un coordinamento generale.
È quanto emerge dall’evento di presentazione del nuovo Quaderno ASviS “Il diritto del lavoro e il ruolo della contrattazione collettiva per lo sviluppo sostenibile” che si è tenuto il 4 febbraio. L’incontro si è svolto presso CEOforLIFE ClubHouse Montecitorio a Roma, dove, come ha raccontato Giordano Fatali, fondatore e presidente di CEOforLife, è possibile seguire quotidianamente i lavori parlamentari grazie alle attività della testata Montecitorio News 24. L’incontro, moderato da Marco Valerio Lo Prete, caporedattore politica Rai TG1, e trasmesso in diretta streaming sui canali dell’ASviS, oltre che sul sito Ansa e sulle pagine Facebook Ansa e Rai per la sostenibilità Esg, ha raggiunto 188mila persone con oltre 60mila visualizzazioni.
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Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, ha aperto l’evento, citando i cambiamenti in atto innescati anche grazie alle nuove norme europee sulla rendicontazione di impresa, che obbliga le aziende a rendere conto delle proprie azioni per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Secondo Giovannini è importante continuare a sottolineare che “scegliere la sostenibilità produce guadagni di competitività, di redditività, di ampliamento di profitti e di buona occupazione”, opportunità che molte aziende hanno già compreso e colto. Giovannini ha poi parlato del ruolo centrale dell’Unione europea come leader per lo sviluppo sostenibile, ricordando la scelta della Cina di definire degli obblighi di rendicontazione di sostenibilità delle aziende quotate nelle borse cinesi e definendo un “grave errore” eventuali passi indietro da parte degli Stati membri.
I cambiamenti in atto a livello di diritto sono stati approfonditi da Tiziano Treu, professore emerito di Diritto del lavoro dell’Università Cattolica di Milano e coautore del Quaderno. Ora le modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana impongono di ripensare il bilanciamento degli interessi tra produttività, ambiente e lavoro. Anche l’Unione europea si è mossa in questa direzione, svegliandosi “dal sonno del diritto soft”, come lo ha definito Treu, e chiedendo alle istituzioni pubbliche e alle imprese di internalizzare l’ambiente. “Una vera rivoluzione nel modo di pensare tutti gli aspetti”, ha proseguito Treu, parlando della necessità di investire nella formazione dei lavoratori e di rivalutare i rischi associati alla sicurezza sul lavoro, tra cui le conseguenze dell’inquinamento o delle ondate di calore.
Rita Innocenzi, attivista dell’Associazione Circolarmente e coautrice del Quaderno, ha definito il bilanciamento tra capitale, lavoro e natura come una “precondizione”, sottolineando l’importanza di coinvolgere tutti gli attori del settore produttivo nel processo di transizione. “Non si può pensare che la sostenibilità sia un’imposizione, deve essere interiorizzata” ha spiegato Innocenzi, “le lavoratrici e i lavoratori devono percepire che sia una leva di protezione del proprio lavoro e del proprio salario”. La contrattazione può svolgere un ruolo fondamentale, generando innovazione: secondo Innocenzi, però, affinché le buone pratiche non rimangano esperienze limitate, occorre un accordo trilaterale confederale che spinga la contrattazione decentrata e dia indirizzo per l’inserimento di nuovi parametri di sostenibilità.
Anche Gaetano Sateriale, coordinatore di Emilia-Romagna sostenibile 2030 e coautore del Quaderno, ha evidenziato la mancanza di un “coordinamento che dia un indirizzo generale alle parti sociali nelle loro attività negoziali” e l’esistenza di un “vuoto delle politiche industriali ed economiche coerenti con l’impostazione dell’Agenda 2030 dell’Onu”. Tra le istituzioni persiste infatti un livello di insensibilità su questi temi, con il rischio che la sostenibilità diventi uno slogan e non si traduca in azioni concrete. Secondo Sateriale è necessario partire da un confronto a due a livello nazionale, tra imprese e organizzazioni sindacali che stabiliscano un patto per l’Italia sostenibile, comprensivo di tutti i temi che riguardano il lavoro, dalle retribuzioni alla formazione professionale.
Per quanto riguarda le questioni ambientali, le imprese non solo svolgono un ruolo importante, ma “hanno intenzione di risolvere il problema perché vivono questa realtà e perché devono rispondere al mercato”, ha spiegato Maurizio Marchesini, vicepresidente di Confindustria per il lavoro e le relazioni sindacali. In questa transizione anche i lavoratori sono fondamentali in quanto sono il “fulcro del mondo del lavoro, soprattutto in un Paese come il nostro, di trasformatori, dove più che gli impianti contano l’ingegno e le persone”. Secondo Marchesini i problemi ambientali non possono però essere affrontati solo attraverso le regolamentazioni che rischiano di creare un senso di diffidenza e resistenza nelle imprese, ma è necessaria la partecipazione e il coinvolgimento del pubblico in senso ampio.
“Un nuovo protagonismo dei lavoratori e la democrazia nei luoghi di lavoro sono la risposta che dobbiamo dare” ha affermato Michele Bulgarelli, segretario della Camera del lavoro Cgil di Bologna, soffermandosi sui cambiamenti nel clima politico nazionale e internazionale, con una minor spinta per le politiche ambientali e la diffusione di posizioni di negazionismo climatico.
Oltre alla dimensione ambientale è fondamentale parlare anche della sostenibilità sociale, come ha ricordato Mattia Pirulli, segretario confederale Cisl: “La vera sfida non è comprendere il percorso di decarbonizzazione, ma come si coniugano gli elementi, sapendo che la sostenibilità sociale ha bisogno di una interpretazione pratica”. A livello territoriale la contrattazione ha già adottato delle misure concrete per assicurare una giusta transizione, come l’introduzione di premi di risultato legati a obiettivi di sostenibilità.
Anche Rita Ghedini, presidente di Legacoop Bologna e delegata al lavoro di Legacoop nazionale, ha rilanciato la necessità di un “nuovo patto che tenga insieme le imprese, il mondo del lavoro e la Pubblica amministrazione, a livello centrale e locale”. La presenza di politiche di livello territoriale può aiutare le imprese: a Bologna, ad esempio, gli accordi territoriali hanno favorito l’inserimento di Obiettivi di sviluppo sostenibile nella contrattazione di secondo livello o le scelte individuali adottate dalle imprese stesse. Anche la contrattazione può aiutare, ma solo se entrambe le parti al tavolo “scelgono di investire in direzione degli obiettivi di sostenibilità e privilegiano quell’investimento, anche rinunciando a qualcosa” ha spiegato Ghedini.
Irene Pata di Uil ha approfondito i problemi dell’attuale contrattazione collettiva, tra cui la presenza di contratti poco qualificanti e firmati da associazioni non rappresentative che abbassano le soglie di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori e dai ritardi nei rinnovi dei contratti nazionali collettivi che rischiano di portare a una sottovalutazione delle questioni ambientali. “Se ci sono dei ritardi nei rinnovi contrattuali, questi influiscono sull’adattamento dei contenuti alle transizioni che sono in corso” ha spiegato Pata.
“Il ruolo del governo, a partire da quello centrale, diventa essenziale se vogliamo progredire in quella direzione che tutti auspichiamo” ha affermato Pierluigi Stefanini, presidente dell’ASviS, evidenziando la necessità che le parti sociali coinvolte possano contribuire alla realizzazione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. Secondo Stefanini, è necessario trasformare la pluralità di posizioni in un’opportunità per rafforzare l’impegno per lo sviluppo sostenibile.
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