Il settore AgriFoodTech italiano sta attraversando una fase di trasformazione: mentre gli investimenti subiscono una flessione del 38% rispetto all’anno precedente, cresce il numero di startup, in aumento rispetto al 2023. È quanto emerge dal nuovo report sullo stato dell’AgriFoodTech in Italia elaborato da Eatable Adventures, filiale italiana del principale acceleratore del settore su scala globale per il Vaih-Verona Agrifood Innovation Hub. Nel 2024, gli investimenti si sono fermati a 103 milioni di euro, segnando un netto calo rispetto ai livelli record dell’anno precedente. Il dato riflette una generale contrazione nei grandi round di finanziamento e una maggiore cautela da parte degli investitori. Un calo in linea con il panorama globale (-7%) ed europeo (-19%) che subiscono parimerito una contrazione, anche se meno marcata rispetto allo scenario italiano. Allo stesso tempo, con 407 startup attive, in aumento rispetto alle 341 del 2023, e un focus crescente su tecnologie avanzate come intelligenza artificiale, biotecnologie e IoT, l’AgriFoodTech italiano si conferma terreno fertile per innovazione e sostenibilità. Segnali di resilienza e un potenziale tecnologico ancora inespresso suggeriscono che il settore può ambire ad un ruolo di rilievo sul panorama globale.
Al nord il maggior numero di startup AgriFoodTech italiane
Secondo le analisi di Vaih, le startup AgriFoodTech italiane sono concentrate prevalentemente nel Nord Italia, che ospita il 50% delle realtà attive: Lombardia (31%), Piemonte (10%) e Veneto (9,7%) sono in classifica insieme a Emilia-Romagna (11%) e Lazio (9,7%). Al contrario, il sud Italia fatica ademergere nonostante il suo notevole potenziale agricolo.
L’identikit dell’imprenditore italiano
I fondatori italiani di startup nell’AgriFoodTech si distinguono per un solido bagaglio accademico e tecnologico: il 38% possiede un dottorato di ricerca, mentre circa il 30% ha conseguito una laurea magistrale o un master. Il settore è guidato principalmente da founder con esperienze pregresse nell’imprenditoria (60%) e nell’agroalimentare (60%), un vantaggio che permette di affrontare meglio le sfide e di cogliere le opportunità del mercato. Il 73% delle nuove realtà innovative viene lanciato da imprenditori tra i 25 e i 45 anni, mentre solo il 6% riesce a lanciare un’attività prima dei 25 e dopo i 56 anni. Inoltre, secondo l’analisi del Verona Agrifood Innovation Hub, i team sono piccoli: il 74% delle startup è composto da uno a cinque dipendenti e solo il 6% dispone di più di 25 risorse.
Ai, biotecnologie e IoT i motori dell’innovazione
Le startup italiane si concentrano principalmente nei settori della produzione e trasformazione alimentare e dell’AgriTech, che insieme rappresentano oltre la metà delle attività. In particolare, nell’AgriTech automazione e robotica delle colture (38%) e nuovi sistemi di coltivazione (29%) guidano l’innovazione, mentre nella produzione e trasformazione alimentare l’attenzione è rivolta a prodotti innovativi (44%) e nuovi modelli di economia circolare (20,8%). Tra i settori in crescita spiccano logistica e delivery (21%), che mostra una forte centralità della categoria delivery&last mile (45%) e packaging (21%), seguiti da retail e horeca (17%), tecnologie per la cucina e la preparazione alimentare (3%) e, infine, health tech (2%) di cui fanno parte tecnologie per la nutrizione e la nutraceutica.
Il 77% delle startup sviluppa le tecnologie in-house, con l’intelligenza artificiale al primo posto (43%) per la sua versatilità e capacità di adattarsi a diversi settori, seguita da Biotecnologie (32%) e piattaforme digitali (30%). Tuttavia, solo il 15% delle innovazioni deriva da collaborazioni con università, evidenziando la necessità di rafforzare le sinergie tra ricerca accademica e imprenditorialità.
Inclusività e scalabilità, le sfide del futuro
Nonostante la crescita del numero di startup, il report evidenzia alcune criticità: prima fra tutte una contrazione del numero di dipendenti pari al 27% (2.995 risorse impiegate) dovuta principalmente alla chiusura di realtà nella fase di scale-up e a team di lavoro piccoli. I grandi round di investimento, superiori a un milione di euro, sono in calo, mentre aumentano i round più piccoli, fino a 350.000 euro (nel 60% dei casi) e i cosiddetti “round mezzanini”. Questa tendenza riflette un approccio più prudente e strategico da parte degli investitori, influenzato anche dall’incertezza macroeconomica globale.
Cresce l’attenzione verso i progetti in fase pre-seed e seed, caratterizzati da requisiti di capitale più modesti e minore rischio per gli investitori. Attualmente, il 58% delle startup AgriFoodTech si trova nella fase seed, un aumento del 15% rispetto al 2023. Tuttavia, molte di queste realtà faticano a superare le fasi iniziali di sviluppo, e solo il 2,3% raggiunge la fase serie b o successiva, evidenziando difficoltà nel processo di scalabilità. Solo il 23% delle startup è fondato da donne, e il 36% dei team è composto da quote femminili.
«Dopo il boom di investimenti nel 2023, il 2024 ci restituisce uno scenario più misurato e cauto, ma altrettanto promettente – commenta Alberto Barbari, regional vp Italy di Eatable Adventures –. Nonostante le sfide, l’ecosistema italiano ha tutte le risorse per affermarsi come leader globale dell’AgriFoodtech made in Italy. La chiave è adottare un approccio sempre più open all’innovazione, consolidando sinergie tra industria, università e startup. Rafforzare queste reti è essenziale per garantire un futuro più innovativo e sostenibile, attraendo e formando nuovi talenti, incentivando l’inclusività e creando un legame tra mondo accademico e imprenditoriale, così da infondere nuova linfa vitale all’ecosistema italiano».
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