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CR7 ha ripercorso in un’intervista alcuni momenti della carriera, soffermandosi sul rapporto con i tecnici con i quali ha lavorato. Il giudizio su molti è stato severo, uno solo gli è entrato nella testa e nel cuore.
La gestione di Cristiano Ronaldo è stata materia difficile da trattare per molti degli allenatori avuti dal portoghese in carriera. CR7, che ancora oggi parla di sé quale “migliore giocatore al mondo”, non è mai stato un calciatore ‘normale’: non solo per la classe, la personalità, la determinazione grazie alle quali ha inseguito (e ottenuto) record, trofei, popolarità globale ma soprattutto per il ruolo in campo e nello spogliatoio che s’è cucito addosso.
Pochissimi i manager che sono riusciti a tenergli testa e dinanzi ai quali non s’è mai spinto oltre un certo limite: Sir Alex Ferguson è stato il suo padre putativo, l’uomo che lo ha lanciato nel grande calcio senza fargli sconti; José Mourinho era “special one”… e tra “special one” ci si intende; Zidane conservava l’appeal della stella del football ed è stato quello anagraficamente più vicino a CR7 (“è uno sveglio, che non parla molto ma è molto professionale”, disse di lui); Carlo Ancelotti gli è entrato nel cuore e nella testa. Al punto che, ancora oggi, nell’intervista a El Chiringuito, ne parla in maniera estasiata mostrando una stima particolare per l’allenatore di Reggiolo: “Mi piace molto, è una persona fantastica. Abbiamo vinto tanto insieme”.
Tutti gli hanno insegnato qualcosa, anche quelli coi quali non ha mai legato o, peggio, non ha mai reputato alla sua altezza. “Ne ho avuti alcuni davvero pessimi – ha aggiunto -. Persone che non hanno la minima idea di cosa sia il calcio”. Con chi ce l’ha? A giudicare dalla cronaca dei fatti, che si mescola agli spifferi di campo, i tecnici che hanno lavorato con lui ne sanno qualcosa: con alcuni di loro è arrivato ai ferri corti (è il caso, per esempio, di Erik ten Hag durante l’ultima esperienza del cinque volte Pallone d’Oro al Manchester United), con altri non c’è mai stata intesa perché si riteneva su un piano diverso rispetto a loro.
In questa lista c’è sicuramente Rafa Benitez che, ai tempi delle merengues, ebbe l’ardire di suggerirgli come poter migliorare. “Ci sono cose che nessuno ti può insegnare, le hai oppure no – raccontò di quell’esperienza -. Non parlava solo delle punizioni ma anche di come calciare il pallone, dribblare… Cosa dovevo rispondergli? Gli dicevo: ok… va bene”. Il barometro segnava tempesta con l’ex Ajax, ten Hag: CR7 arrivò perfino a rifiutare di sedere in panchina a Old Trafford dopo essere stato escluso dalla formazione titolare. “Mi ha mancato di rispetto”, sentenziò prima di fare armi e bagagli e andare in Arabia per abbracciare una nuova, ricchissima avventura. Solskjaer e Rangnick pure hanno dovuto fare i conti col suo umore all’epoca dei Red Devils.
In Italia Cristiano Ronaldo è passato da Massimiliano Allegri ad Andrea Pirlo (al quale riservò un’occhiataccia per averlo sostituito) passando per Maurizio Sarri. Non sono mancati gesti sopra le righe anche nel periodo italiano: clamorosa fu la mimica usata nei confronti del tecnico livornese in occasione della sconfitta in Champions contro l’Ajax. Cosa accadde? Il gesto del “farsela sotto” scolpì il dissenso e l’insofferenza nei confronti dell’interpretazione della gara da parte di Allegri.
E quando arrivò l’allenatore toscano censurò il recente passato facendo alcune considerazioni tattiche precise: “Stiamo giocando un calcio diverso. Siamo più in attacco, con posizioni più precise. Abbiamo cambiato per migliorare. Mi piace il modo in cui Sarri vuole che la squadra giochi. Creiamo più occasioni, teniamo più la palla, c’è più fiducia. È quello che dovevamo migliorare”.
Anche con Sarri, però, non furono tutte rose e fiori. Durante quel periodo aveva smesso di seguire la parte tattica in allenamento. In partita capitava si lamentasse per come era servito. E finì malissimo quando l’ex allenatore toscano lo tolse dal campo all’inizio del secondo tempo di un match col Milan: borbottò qualcosa verso il tecnico e andò via senza nemmeno fermarsi negli spogliatoi per attendere i compagni di squadra a fine incontro. È CR7, è fatto così: prendere o lasciare.
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