da Reggio Emilia a Avellino l’ombra della droga killer

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Gli ultimi due decessi raccontano il dramma del market degli stupefacenti nei penitenziari: hashish, cocaina e il pericolosissimo crack.

Roma – Si continua a morire dietro le sbarre, tra sucidi, morti accidentali e eventi avvolti nel dramma delle carceri. Ma c’è un killer silenzioso che si aggira nella disperazione delle celle e che miete vittime. La droga che circola dietro le sbarre. Un detenuto 20enne è morto questa mattina nel carcere di Reggio Emilia. Secondo quanto ha reso noto il Garante per i detenuti dell’Emilia-Romagna, era sottoposto a terapie e il sospetto è che possa essersi trattato di un’overdose. Sarebbe escluso il suicidio. Il corpo del giovane detenuto è stato messo a disposizione della magistratura per l’autopsia. Il giovane aveva il fine pena fissato nel 2026 ma aveva ancora un processo in corso. E’ il quinto morto nel 2025 nelle carceri della regione.

La situazione nelle case circondariali resta critica, come sottolinea il garante regionale per i detenuti Roberto Cavalieri, spiegando che sulla base dei degli ultimi dati “a fronte di quasi 4000 detenuti nelle carceri della regione per quasi 300 esiste un rischio suicidiario, numeri impressionanti”. E risale a qualche settimana fa, riferisce sempre il Garante, la notizia del tentativo di suicidio di una detenuta in carcere a Bologna. Nelle stesse ore un detenuto napoletano di 37 anni è stato trovato senza vita nella sua cella del carcere di Avellino. Sul cadavere non sono stati riscontrati segni di violenza e ora le ipotesi privilegiate circa le cause del decesso sono le cause naturali o l’arresto cardiocircolatorio determinato dall’assunzione di droga.

Al momento però si tratta solo di ipotesi che solo l’esame autoptico potrà confermare o escludere. Di recente, nelle carceri, si sta riscontrando l’introduzione e la presenza, oltre che di hashish e cocaina, anche di crack, sostanza stupefacente ritenuta particolarmente pericolosa per la salute di chi l’assume. Il carcere di Avellino, che ospita 600 detenuti, quelli italiani quasi tutti della provincia di Napoli, è stato più volte al centro di episodi critici nei mesi scorsi che hanno spinto il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ad
accendere un faro sulle sue problematiche. Una volta ospitava anche i detenuti di Alta Sicurezza che nei mesi scorsi sono stati tutti trasferiti in altre carceri. Nel “Graziano Caputo” di Avellino, che si trova nella
frazione di Bellizzi Irpino, più volte si sono verificati eventi critici, tra cui aggressioni tra detenuti e ai danni degli agenti della polizia penitenziaria, ed evasioni.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Cocaina e hashish in carcere, ben nascosti, insieme a generi alimentari confezionati sottovuoto e beni di prima necessità, all’interno di pacchi destinati ai detenuti. Sono entrati così per mesi, tra il gennaio e il giugno 2023, nel carcere di Velletri gli stupefacenti, per un giro fiorente di circa 80mila euro. A gestirlo erano alcuni dei detenuti stessi, che potevano contare sulla complicità di amici e parenti. Il vasto traffico, scoperto dai carabinieri di Velletri, ha portato all’arresto di 33 persone per lo più italiane (5 erano donne). Infine un anno fa la scoperta di un market degli stupefacenti nel carcere di Biella. Per questa vicenda sono state eseguite 53 ordinanze cautelari (33 in carcere e 15 agli arresti domiciliari). E ancora, telefoni cellulari e droga, ma anche pizze e birra recapitati nel carcere romano di Rebibbia in quello che era del tutto simile a un servizio di delivery. A ottobre la Procura capitolina ha chiuso le indagini nei confronti di 41 persone nell’ambito di un’inchiesta in cui vengono contestati, a vario titolo e a seconda delle posizioni, reati che vanno dall’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di droga fino alla corruzione. 

E ancora c’è l’allarme Fentanyl, la droga degli zombie, che è stata anche al centro dell’intervento del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, alla conferenza stampa di presentazione, a palazzo Chigi, della Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia. “Abbiamo disposto una mirata attività di monitoraggio sulla diffusione all’interno degli istituti penitenziari”, aveva detto il Guardasigilli, “sia sull’utilizzo del farmaco che sulle prassi di somministrazione”. Nordio ha spiegato che i provveditorati regionali sono stati invitati a comunicare agli istituti di propria competenza diverse informazioni: tra l’altro, i quantitativi di farmaci Fentanyl presenti nelle infermerie, e in quali forme; quanti sono i pazienti ai quali viene prescritto il farmaco (in forma anonima), la tipologia di trattamento sanitario e le dosi quotidianamente distribuite.

Ma anche informazioni sulle modalità operative di circolazione del farmaco: se per esempio i “cerotti” vengono riconsegnati dal paziente dopo l’uso, ovvero se rimangono nella sua disponibilità. Questo, per intervenire sul rischio che “i cerotti vengano scambiati tra persone detenute”, ha evidenziato il Ministro. I modi per introdurre droga e telefonini sono svariati. Nel cibo, come nel caso di Barcellona Pozzo di Gotto, oppure attraverso i droni, come è accaduto a Caltanissetta. In quest’ultimo caso i finanzieri hanno arrestato due “corrieri” che volevano recapitare il tutto dietro le sbarre, con i prodigi tecnologici più utilizzati per questo scopo. 

Droga nel cibo trovata in carcere

E ancora, la “roba” fa il suo ingresso in carcere attraverso le visite di parenti e amici, oppure con il lancio dall’esterno di palline o involucri appesantiti, contenenti sostanze stupefacenti. Altre volte vengono lanciati dei pacchettini che finiscono sui terrazzini: attraverso rudimentali strumenti formati da mazze a cui vengono attaccati specchi per localizzare gli involucri. Pacchetti recuperati spesso usando scope e fili. Molte volte si è scoperta droga nelle suole, oppure nelle scarpe, negli orli dei pantaloni e di altri capi di vestiario o nella schiuma da barba. Classico è il caso di droga nel chewing gum che attraverso il bacio del saluto alla fine dei colloqui, passa dal familiare al detenuto e che poi viene subito inghiottito prima della perquisizione da parte del personale



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