Ora la destra vuole mandare via da Roma il procuratore Lo Voi

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Una bordata al giorno toglie il procuratore di Roma di torno. Da quando Francesco Lo Voi ha indagato Meloni, Mantovano, Nordio e Piantedosi per la cattiva gestione del caso Elmasry, è scattata una guerra totale nei suoi confronti. Non è solo una questione di gogna mediatica, ma anche di atti formali. E così, dopo gli strali lanciati dal sottosegretario Alfredo Mantovano davanti al Copasir martedì scorso e dopo il clamoroso esposto del Dis (che verrà formalizzato domani a Perugia, sede competente per le indagini sui giudici romani), ieri i laici di destra del Csm hanno chiesto l’apertura di una nuova pratica contro il capo della procura capitolina.

LA PRIMA, una settimana fa, riguardava il fatto che la comunicazione di iscrizione nel registro delle notizie di reato per la premier e gli altri non fosse un atto dovuto ma ampiamente voluto. La seconda, arrivata ieri, è per «incompatibilità ambientale e funzionale», con annessa trasmissione degli atti alla procura generale, con riferimento alla diffusione di un documento riservato dell’Aisi sull’affaire Caputi. L’atto redatto dai servizi segreti in cui si dava conto delle attività effettuate sul capo di gabinetto di palazzo Chigi era finito nelle mani di quattro giornalisti di Domani che da lui erano stati denunciati. Secondo la legge, quella carta poteva essere solo presa in visione dalle parti, senza che potessero averne copia. «È evidente che quanto accaduto abbia seriamente compromesso i rapporti istituzionali tra la procura di Roma e le agenzie dell’intelligence – si legge nella richiesta firmata da Isabella Bertolini, Claudia Eccher, Daniela Bianchini, Felice Giuffrè ed Enrico Aimi -. In particolare, risulta essere stato compromesso proprio l’affidamento, da parte delle agenzie, circa l’effettiva tutela del segreto degli atti trasmessi in procura». Il sostituto Maurizio Arcuri aveva chiesto ai servizi di riferirgli perché erano stati fatti degli accessi su Caputi nei database investigativi di Stato.

LA NOTA arrivata in procura però non era un documento segreto ma riservato, cosa che rende lievissima (o forse addirittura inesistente) ogni responsabilità penale. Su questo aspetto, ad ogni modo, a fare chiarezza ci penserà la procura di Perugia, che ha già accumulato due esposti (uno dell’avvocato Luigi Mele e l’altro del Dis) nel suo fascicolo senza indagati né ipotesi di reato. Che questa carta non dovesse finire nel fascicolo principale ma in un sottofascicolo destinato alla sola lettura, in ogni caso, è un fatto, anche se con ogni probabilità si è trattato di un errore della segreteria e non di un complotto antigovernativo. Sullo sfondo si vede poi la possibile riapertura dell’eterna lotta per la procura di Roma. «Incompatibilità ambientale», in fondo, significa chiedere che il capo venga rimosso. Lo Voi, uomo notoriamente di destra ed esponente della corrente conservatrice di Magistratura indipendente, è arrivato nella Capitale nel 2022 al termine di una dura lotta interna e molti suoi colleghi non hanno mai del tutto digerito la sua ascesa. Èper questo che il clima di tensione di questi giorni, e qualche leggerezza di troppo fatta da Lo Voi nella gestione dei cassi Elmasry e Caputi, potrebbero far scattare una nuova partita per la conquista del vertice del «porto delle nebbie» di piazzale Clodio.

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LA GUERRA del governo, però, è una faccenda, non necessariamente collegata all’eventuale cambio alla guida della procura. C’è un modus operandi ormai ben noto alle cronache: ogni magistrato che emette un provvedimento sgradito all’esecutivo diventa oggetto di linciaggio. «Esercitare la giurisdizione è diventato molto complicato – spiega senza mezzi termini la presidente di Magistratura democratica Silvia Albano- perché sappiamo che se si adotta un provvedimento sgradito si viene messi alla gogna». Dal caso della giudice catanese Iolanda Apostolico in poi, è un anno e mezzo che si va avanti così. Manganellate in tv e sui giornali della destra, dossieraggi, esposti. E richieste di sanzioni disciplinari al Csm. Quest’ultimo macroscopico dettaglio comincia a preoccupare seriamente i togati, perché nell’organo di governo autonomo della magistratura sta venendo meno ogni forma di fair play istituzionale e i laici della destra sembrano comportarsi come agenti del governo, esecutori materiali dei propositi di vendetta verso le toghe sgradite che, da palazzo Chigi in giù, nessuno si preoccupa più di nascondere.

ALCUNI consiglieri stanno ragionando sull’ipotesi di «aprire un dibattito approfondito» sulla copiosissima quantità di richieste di pratiche disciplinari. Vorrebbe dire riconoscere pubblicamente l’esistenza di uno scontro istituzionale e a quel punto diventerebbe pressoché inevitabile l’intervento del presidente del Csm. Ovvero di Sergio Mattarella.



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