Condono in area vincolata: il TAR sul parere di compatibilità paesaggistica

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In presenza di istanza di condono
edilizio
 ai sensi della Legge n. 47/1985 (Primo
Condono Edilizio) per opere realizzate prima dell’apposizione di
un vincolo di inedificabilità, l’Amministrazione è chiamata a
pronunciarsi esprimendo il parere di compatibilità
paesaggistica
, che deve essere adeguatamente motivato sia
se positivo che negativo.

Si tratta di un procedimento che rientra fra le competenze dei
Comuni e che è richiamato all’art. 32 della Legge n. 47/1985,
differenziandosi dall’autorizzazione paesaggistica disciplinata
dall’art. 146, comma 6 del Codice dei Beni Culturali e del
Paesaggio, secondo cui le Amministrazioni possono esprimere il
parere solo se delegate a farlo.

Parere di compatibilità paesaggistica postumo: il TAR sul
condono in area vincolata

Ricorda la differenza tra autorizzazione paesaggistica e parere
di compatibilità paesaggistica il TAR Lazio, con
la sentenza del
3 febbraio 2025, n. 2361
, in relazione a un ricorso
presentato a seguito del parere di compatibilità paesaggistica
negativo rilasciato da un Comune nell’ambito di una procedura di
condono ex l. n. 47/1985, all’interno di un’area sulla quale
era stato apposto il vincolo paesaggistico di inedificabilità
assoluta successivamente alla realizzazione delle opere.

Preliminarmente, il TAR ha specificato come
l’autorizzazione paesaggistica ex art.
146, comma 6, del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e
del Paesaggio) e il parere paesaggistico ex art. 32
della l. n. 47/ 1985 sono ben diversi tra loro e vanno tenuti
distinti, attenendo a differenti presupposti.

Nel caso dell’autorizzazione paesaggistica, l’art. 146, comma 6
dispone che:

La regione esercita la funzione autorizzatoria in materia
di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate
competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali. Può
tuttavia delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a
province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali
come definite dalle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli
enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni, purché gli enti
destinatari della delega dispongano di strutture in grado di
assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche
nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela
paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia
urbanistico-edilizia
”.

Ne deriva che:

  • la Regione, quindi, verifica il possesso dei requisiti di legge
    ed aggiorna periodicamente l’elenco dei Comuni che possono
    esercitare la delega;
  • i requisiti di adeguata competenza tecnico-scientifica e di
    differenziazione organizzativa tra attività di tutela paesaggistica
    ed esercizio di funzioni amministrative in materia
    urbanistico-edilizia attengono solo ed esclusivamente
    all’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n.
    42/2004, procedimento per il quale il legislatore ha previsto la
    verifica della delega.

Parere di compatibilità per condono: il diniego va
motivato

Per il parere paesaggistico ex art. 32 legge n.
47/1985, da rilasciare nell’ambito del procedimento di condono
edilizio, il d.lgs. n. 42/2004 non richiede alcuna verifica della
delega. Quindi correttamente il parere è stato rilasciato dal
Comune. 

Parere che però, nel caso in esame, non è stato adeguatamente
motivato. Il TAR ha sottolineato che, secondo la giurisprudenza, il
trattamento normativo dei vincoli di inedificabilità assoluta,
successivi alla data di ultimazione dell’opera, deve essere
equiparato al trattamento riservato dalla legge ai vincoli
di inedificabilità relativa
.

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L’opera in questo caso potrebbe quindi essere condonabile,
purché il provvedimento di condono sia subordinato al previo
rilascio, da parte dell’autorità preposta, del parere
paesaggistico favorevole
e in caso di diniego, esso
va puntualmente e adeguatamente motivato.

In questo caso, il parere negativo è stato motivato solo con la
mera sussistenza del vincolo, risultando un parere meramente
assertivo, ossia privo di una qualsiasi elaborazione
dell’interesse pubblico oggetto di tutela.

Sul punto, il TAR ha specificato che il potere consultivo di cui
all’art. 32 l. n. 47/85 riguarda non un immobile ancora da
realizzare, per come fisiologicamente previsto dall’art. 146 D.lgs.
n. 42/2004, bensì un’opera edilizia, preesistente, realizzata
sine titulo, della quale la Soprintendenza è tenuta a
valutare la compatibilità paesaggistica, avuto necessario riguardo
tanto agli esiti dell’istruttoria condotta dall’amministrazione
comunale richiedente il parere quanto al lasso di tempo intercorso
rispetto alla realizzazione dell’abuso al fine di apprezzare le
eventuali modifiche del contesto paesaggistico-territoriale di
riferimento, medio tempore intervenute.

In altri termini, la valutazione di compatibilità paesaggistica
postuma, di cui all’art. 32 L. n. 47/85, avendo ad oggetto opere
abusive, ex se contrastanti con le previsioni
urbanistico-edilizie comunali e che, come tali, hanno già, in
qualche misura, inciso sul bene giuridico “paesaggio”, presuppone
l’attuazione di un’istruttoria ponderata e
puntuale
, compendiata in adeguato corredo motivazionale,
finalizzata ad accertare se, specie a fronte di abusi edilizi
datati, quale quello di specie, l’abuso da sanare risulti,
comunque, compatibile con il contesto circostante, per come
modificatosi nel tempo e, quindi, per come appare
all’Amministrazione, nel momento dell’esercizio del potere.

Il ricorso è stato accolto, con annullamento del parere negativo
e obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi nuovamente
sull’istanza.





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