Alle Gallerie d’Italia di Torino, sino al 2 marzo 2025, è visitabile la più importante retrospettiva di Mitch Epstein, il famoso fotografo americano nato nel 1952 a Holyoke, Massachusetts, che abbandonati gli studi accademici inizia, verso la metà degli anni ’70, a viaggiare per “un’esplorazione fotografica” attraverso gli Stati Uniti.
Curata da Brian Wallis – direttore del CPW, Center for Photography at Woodstock – la mostra presenta per la prima volta riunite le serie fotografiche più significative degli ultimi vent’anni del fotografo, in cui lo stesso esplora i conflitti tra la società americana e la natura selvaggia nel contesto del cambiamento climatico globale: American Power, Property Rights e Old Growth.
In American Power l’artista si concentra – viaggiando dal 2003 al 2008 per gli Stati Uniti – su come le nazioni e gli interessi privati sfruttino la natura, documentando il forte impatto della produzione e del consumo di energia sulla popolazione e sul paesaggio. Tutto iniziò nel 2003 quando fu inviato dal “New York Times Magazine” per documentare quanto la cittadina Cheshire, Ohio, fosse stata contaminata dall’American Electric Power Company. La Compagnia decise, per evitare di bonificare e di subire eventuali cause legali, di acquistare per 20 milioni di dollari tutta la città iniziando così a demolire le case e a trasferire i residenti. Da quell’intensa esperienza Epstein decise di documentare l’impatto della produzione e dei consumi di energia sulla popolazione e sul paesaggio, viaggiando per fotografare i siti di produzione di combustibili fossili, di energia nucleare e le comunità che vivono accanto a loro. Nel 2005 ha fotografato l’impatto dell’uragano Katrina, che aveva colpito New Orleans causando oltre 1.700 vittime e lasciando senza casa 250.000 persone.
Nella serie fotografica Property Rights il fotografo si pone delle domande: di chi è la terra? Con quale autorità si possiede un territorio e con quali diritti? Da questi interrogativi nasce, nel 2017, questa serie iniziata nella Standing Rock Sioux Reservation. Un progetto durato sino al 2020 che analizza le conseguenze della confisca delle proprietà, da parte del governo americano, e dei mezzi con cui le comunità colpite resistono. Le sue conversazioni e le serie di ritratti con gli anziani nativi lo hanno poi ispirato a cercare altri conflitti fondiari, dove le persone hanno creato importanti movimenti per difendere la terra dalle acquisizioni da parte del governo e delle imprese.
L’ultima opera di Epstein, Old Growth – di cui si presenta in anteprima una parte commissionata da Intesa Sanpaolo – vede protagoniste le antiche foreste sopravvissute in regioni remote degli Stati Uniti. Circa il 95% di queste aree è stato purtroppo distrutto nel secolo scorso. Una deforestazione di immani dimensioni. Epstein fotografa i singoli alberi, che divengono gli attori di questa tragedia, e i biosistemi interdipendenti che sono sopravvissuti per secoli, molti per millenni.
I visitatori, camminando tra fotografie di grande formato, vengono immersi in una natura selvaggia primordiale dove non si vedono presenze umane, dove tutto riconduce ad un primigenio e immaginario Paradiso Terrestre. Bisogna soffermarsi e pensare, dinnanzi a queste immagini, cosa l’uomo sta definitivamente perdendo a causa della crisi climatica, da lui provocata.
di Laura Malaterra
Immagine in copertina: Maple Glade, Hoh Rain Forest, Olympic National Park, Washington 2017 © Mitch Epstein
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