La tensione a Gaza torna alle stelle perché il cessate il fuoco, che ha retto per tre settimane, rischia ora di saltare. La miccia è stata accesa da Hamas, che ha annunciato il rinvio del nuovo rilascio di ostaggi previsto per sabato accusando Israele di non aver rispettato pienamente gli accordi sottoscritti a metà gennaio. Immediata la condanna dello Stato ebraico, che ha denunciato una “violazione della tregua” da parte della fazione palestinese, mentre l’Idf ha ricevuto ordini di “prepararsi da ogni scenario”. E’ appunto uno scenario di crisi, reso ancora più instabile dalle nuove dichiarazioni di Donald Trump sul futuro della Striscia: secondo il suo piano, è la novità annunciata dal presidente Usa, non è previsto il ritorno degli sfollati nell’enclave dopo la presa di possesso da parte degli Stati Uniti. Proprio Trump in serata ha inviato un durissimo avvertimento a Hamas: se gli ostaggi non verranno liberati come da programma “scoppierà un vero inferno”.
E come se non bastasse, ha evocato l’ipotesi di tagliari gli aiuti a Egitto e Giordania se si rifiutassero di accogliere i gazawi.
Sabato prossimo, 15 febbraio, sarebbe dovuto scattare il sesto scambio di prigionieri tra Hamas e Israele, nell’ambito della prima fase della tregua, ma l’ala militare della fazione palestinese ha comunicato che tutto “è rinviato fino a nuovo avviso, in attesa che gli occupanti adempiano ai loro obblighi”.
La fazione islamica in seguito ha affermato di volere lasciare “la porta aperta” per sabato, dando però cinque giorni di tempo a Israele per adeguarsi all’accordo: l’accusa tra le altre cose, è di aver ritardato il rientro degli sfollati nel nord, delle forniture mediche e delle attrezzature per rimuovere le macerie.
Il governo israeliano ha invece accusato Hamas di voler far saltare tutto, e dopo l’annuncio dello stop alla liberazione degli ostaggi sono scattate le consultazioni al più alto livello per valutare i prossimi passi, mentre l’esercito è tornato a schierarsi in “stato di massima allerta”, con la possibilità quindi di tornare a combattere, e sono stati inviati rinforzi nell’area. Allo stesso tempo, anche all’interno dello Stato ebraico non mancano le voci di chi crede che Netanyahu abbia tutto l’interesse a sabotare la tregua. Per non mostrarsi debole di fronte all’ultradestra, che non a caso ha colto l’occasione dello strappo di Hamas per rilanciare il proprio mantra: “Tornare alla guerra, assaltare Gaza e distruggere Hamas”, le parole incendiare utilizzare dall’ex ministro della sicurezza Itamar Ben Gvir, dimessosi proprio in seguito all’accordo di cessate il fuoco.
Al fianco di Israele è sceso ancora una volta Trump, che ha avvertito Hamas: se gli ostaggi non saranno rilasciati entro le 12 di sabato, si scatenerà “un inferno”. E l’accordo di cessate il fuoco dovrebbe essere annullato. Il presidente americano ha anche rilanciato il suo piano per Gaza. Affermando di volere addirittura diventare “proprietario” della Striscia, per pianificare uno “sviluppo immobiliare per il futuro” di questo “bellissimo pezzo di terra”. Quanto ai suoi attuali abitanti, l’inquilino della Casa Bianca ha immaginato di realizzare fino a sei nuove e “belle comunità, lontane da dove si trovano adesso” i palestinesi, in zone “dove non c’è tutto questo pericolo”.
Delle residenze talmente belle che, è l’idea di Trump, i gazawi non avrebbero nessun motivo di lasciare. “Avrebbero alloggi migliori di adesso, quindi no, non avrebbero il diritto di tornare” a Gaza, è stata la sua risposta alla domanda di un giornalista di Fox.
Il piano Trump è stato già bocciato dal mondo arabo, a partire da Egitto e Giordania, che sarebbero i Paesi candidati ad accogliere i circa due milioni di abitanti della Striscia.
Posizione ribadita dal ministro degli Esteri del Cairo Badr Abdelatty a Washington, dopo un incontro con l’omologo Marco Rubio. Ma Trump prima si è detto fiducioso di poter convincere i due Paesi, poi ha utilizzato un argomento classico del suo repertorio di avvertimenti non troppo velati: la sua amministrazione, ha detto parlando con la stampa, “teoricamente” potrebbe sospendere gli aiuti ad Amman ed al Cairo se si rifiutassero di accogliere i palestinesi.
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