L’impatto delle donne ucraine sul mercato del lavoro italiano

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«Le ho viste fra cemento e cupole d’oro che il vento spazza via Sotto pensiline che aspettano il sole e il loro tram […] Io le ho viste che cantavano nei giorni brevi di un’idea […] E provare a dire qualcosa in un italiano strano» Era il 1981 e Claudio Baglioni cantava “Le ragazze dell’Est”, raccontando i capelli color sabbia delle donne fuggite dal blocco sovietico alla ricerca di un futuro migliore. Le migrazioni dall’est a all’ovest dell’Europa non si sono mai fermate, ma sono cambiante nell’intensità, nelle modalità e nelle composizioni. Oggi più che mai tornano d’attualità con la diaspora dei quasi sei milioni di Ucraini rifugiati in Europa dall’inizio della guerra nel 2014. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati fornisce i dati solo sul sessantadue per cento dei rifugiati: il cinquantacinque per cento è donna. Ma dal 2022 solo donne e minorenni possono uscire dal paese, e mentre gli uomini combattono, le donne ucraine portano avanti la resistenza su altri fronti. 

Rifugiati Ucraini in Europa dal 2014 al 2024 – Dati Unric

Non fragili e sfuggenti come le donne dell’est della canzone di Baglioni, ma combattive, preparate e istruite. Anche per questo la diaspora è una questione di genere: milioni di donne e minori sparse per il continente a cercare di ricostruirsi una vita. E lo stesso è in Italia. La popolazione ucraina in Italia è formata principalmente da donne, la più alta tra le principali comunità extra Unione europea: le donne rappresentano infatti oltre tre quarti, esattamente il 75,9 per cento, della collettività, mentre gli uomini il restante ventiquattro per cento circa. Queste donne si sono organizzate in associazioni che, oltre a dare sostegno ai nuovi rifugiati che arrivano, si occupano di raccogliere donazioni e di diffondere la cultura ucraina e le ragioni del conflitto. Non è un caso che il Congresso delle associazioni ucraine d’Italia sia a guida completamente femminile.

Il Congresso delle Associazioni Ucraine dItalia

Oltre a organizzarsi in associazioni e a gestire reti di solidarietà, le donne ucraine in Italia sono anche un motore trainante del mercato del lavoro. Il report del 2023 sulla comunità Ucraina in Italia ci racconta che nel 2022, il tasso di occupazione della comunità ucraina ha raggiunto il sessantaquattro per cento, superando la media del 59,2 per cento registrata tra i non comunitari. Anche il tasso di disoccupazione si è attestato su livelli inferiori rispetto al resto della popolazione straniera, fermandosi al 10,6 contro il dodici per cento. Le donne ucraine lavorano, e lavorano molto: il 61,5 per cento di loro ha un impiego, con un divario rispetto agli uomini della comunità che, pur presente, è meno marcato rispetto ad altre nazionalità (gli uomini ucraini raggiungono il settanta per cento circa).

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Il loro lavoro ha un volto ben preciso: quello delle badanti, delle colf, delle assistenti familiari. La diaspora ucraina in Italia è da sempre legata al lavoro di cura, e il dato del 2022 lo conferma. Quasi il settanta per cento delle donne ucraine occupate lavora nell’assistenza alla persona, una percentuale che non ha eguali tra le altre comunità straniere. Ma non ci sono solo le badanti. Il sette per cento trova impiego nella ristorazione e nell’ospitalità, il 6,4 nel commercio, il 5,5 nell’edilizia e un altro 5,5 per cento nella pubblica amministrazione, nell’istruzione e nella sanità. Un numero in crescita lavora nell’industria, settore che ha visto un aumento del 3,3 per cento rispetto all’anno precedente.

Ma le ucraine in Italia non sono solo lavoratrici: sono anche imprenditrici. Con appena pià di seimila titolari di imprese individuali, la comunità ucraina si colloca al dodicesimo posto tra i gruppi stranieri più attivi nel mondo dell’impresa. A differenza di molte altre nazionalità, dove il lavoro autonomo è prevalentemente maschile, in questo caso il primato va alle donne: il 51,8 percento delle imprese individuali ucraine è guidato da imprenditrici. Molte di queste attività si concentrano nell’edilizia, un settore storicamente dominato dagli uomini, dove le ucraine rappresentano il due percento di tutti gli imprenditori non comunitari. 

Questi numeri sono ancora legati al primo anno post invasione, sarà interessante vederne l’evoluzione nel tempo, sia perché molti rifugiati sono costretti a fare lavori sottoqualificati perché non vedono riconosciute le loro competenze, sia perché la diaspora sta riguardando moltissimi ricercatori e lavoratori qualificati che si stanno pian piano raggiungendo le nostre università e aziende. 

A guidare il movimento associazionistico ucraino sono spesso donne che sono in Italia da anni, da ben prima della guerra, e che si sono formate e specializzate. Tra le donne ucraine che hanno saputo trasformare difficoltà e ostacoli in opportunità c’è Yarina Pylyukh, quarantadue anni, in Italia da ventidue. La sua storia è una delle tante che raccontano come la diaspora ucraina non sia solo un flusso di lavoratori in cerca di sopravvivenza, ma anche un fenomeno di crescita e trasformazione economica. Arrivata giovanissima, ha iniziato come molte altre, lavorando giorno e notte come badante a diciannove anni. Poi, passo dopo passo, ha costruito qualcosa di diverso, fino ad aprire uno studio associato di consulenza fiscale e commerciale a Salerno, in cui da sette anni lavora fianco a fianco con commercialisti italiani. 

«Ho sempre lavorato con gli italiani – racconta – finché la guerra non ha cambiato tutto». Con lo scoppio dell’invasione su larga scala, il suo studio è diventato un punto di riferimento per le rifugiate ucraine che cercavano un modo per lavorare in Italia. «Le donne che arrivavano mi contattavano perché non sapevano come fare, non conoscevano la lingua e non riuscivano a orientarsi nella burocrazia italiana. Molte sono professioniste altamente qualificate, con esperienza in It, consulenza, design, architettura e ingegneria, ma senza il riconoscimento del titolo di studio sono state costrette a reinventarsi». Così, con la sua consulenza, centinaia di donne hanno aperto partita Iva, cercando di entrare nel mondo del lavoro italiano.

Yarina Pylyukh al Woman leaders united summit

Non è stato facile. «Aprire partita Iva non basta. Per molte è difficile trovare un appartamento in affitto o addirittura aprire un conto corrente. Questi ostacoli spingono molte a lasciare l’Italia per cercare condizioni migliori altrove». Chi resta spesso lavora con aziende straniere, che riconoscono le loro competenze più facilmente di quelle italiane. «In alcuni settori, come il tecnologico e la consulenza aziendale, le ucraine si stanno facendo spazio con forza. Ma architetti, ingegneri, avvocati? Per loro è quasi impossibile. Senza il riconoscimento del diploma, restano ai margini».

Nonostante le difficoltà, le ucraine in Italia non si fermano. Non solo lavorano, ma creano lavoro. Le figlie di quelle che un tempo erano badanti, oggi muovono l’economia italiana, aprono imprese e spesso danno lavoro anche agli italiani. È una trasformazione silenziosa, che però racconta bene come la diaspora ucraina non sia solo resistenza, ma anche costruzione di un futuro nuovo, lontano dal Paese d’origine.

Il ruolo delle donne ucraine nell’economia italiana non è passato inosservato. L’11 dicembre 2024, Yarina ha partecipato al Women leaders united summit, un evento organizzato presso il Parlamento Europeo in occasione della Settimana Europea per l’Uguaglianza di Genere. Nel suo intervento ha rappresentato le istanze di tutto il Congresso delle associazioni ucraine d’Italia. Il Summit, promosso da Women leaders for Ukraine e United for Ukraine, con il supporto dell’Ufficio della Vicepresidente del Parlamento europeo e della Missione dell’Ucraina presso l’Unione europea, ha riunito donne leader, attiviste, economiste e imprenditrici per discutere il ruolo delle donne nella pace, nella sicurezza e nella ripresa economica dell’Europa.

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Tra gli interventi, quelli di personalità di spicco come Oleksandra Matviichuk, Premio Nobel per la Pace 2022, Giuseppina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo, e Sevgil Musaieva, direttrice di Ukrainska pravda. Ma a portare una prospettiva concreta su lavoro e integrazione economica è stata proprio Yarina Pylyukh, che ha parlato delle difficoltà che le professioniste ucraine incontrano in Italia, ma anche del loro potenziale spesso inespresso.

Nel suo intervento, Yarina ha raccontato di come molte donne rifugiate abbiano trovato nel lavoro autonomo una soluzione per superare i vincoli burocratici e le barriere linguistiche.«Le donne ucraine, imprenditrici e libere professioniste, sono un valore aggiunto per l’economia italiana» ha detto davanti alla platea di Bruxelles. «Attraverso il loro spirito d’iniziativa, il lavoro e la dedizione, partecipano in modo significativo alla crescita economica del Paese, affrontando al contempo sfide difficili».

Ha sottolineato il paradosso di un’Italia che accoglie queste donne, ma poi le costringe a reinventarsi perché non riconosce le loro qualifiche. Avvocati, architetti, ingegneri, insegnanti: tutte figure che in Ucraina avevano carriere consolidate e che in Italia, senza un diploma riconosciuto, si trovano bloccate. «Quando abbiamo dichiarato l’indipendenza, la donna ucraina ha preso coraggio e ha ricostruito il proprio Paese. Senza scoraggiarsi, ha messo da parte il suo titolo di studio e ha lavorato in qualsiasi modo possibile. Oggi accade lo stesso, con la differenza che ora le donne ucraine sono costrette a fuggire».

La sua voce  stata un appello, non solo per il riconoscimento dei titoli di studio, ma anche per un sistema che permetta alle donne ucraine di contribuire pienamente alla società italiana ed europea. «Le ucraine in Italia non chiedono aiuto, chiedono opportunità. E quando le hanno, le sanno sfruttare al meglio». Il Women leaders united summit si è concluso con un messaggio chiaro: le donne ucraine non sono solo rifugiate. Sono imprenditrici, lavoratrici, innovatrici. E il loro contributo alla società europea non può essere ignorato.

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