Kickl non sarà cancelliere (per ora)

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Il leader di FPÖ era a un passo dal diventare cancelliere ma ha rotto coi popolari. Ora la palla torna al centro (e ai socialdemocratici). Delusa AfD, che guardava all’Austria per la caduta del cordone sanitario. Weidel si consola a Budapest: qui annuncia di voler importare in Germania il modello Orbán 

Scalpita, l’estrema destra d’Europa infervorata dal trumpismo, ma il vento favorevole non basta a rimuovere – dopo il cordone sanitario – pure ogni ostacolo. Ne sa qualcosa Herbert Kickl, il leader dell’estrema destra austriaca (FPÖ), che è inciampato proprio a un passo dal realizzare il sogno di una vita, fare il cancelliere. Dopo giorni di fibrillazioni nelle sale negoziali, per telefono e poi a colpi di social, questo mercoledì Kickl ha annunciato che i negoziati coi Popolari austriaci (ÖVP) sono saltati: il sogno è rinviato a prossime elezioni.

Dovrà prenderne atto anche Alice Weidel, la aspirante cancelliera di Alternative für Deutschland, l’estrema destra postnazista tedesca che con quella austriaca ha un sodalizio stretto (neppure la separazione in due gruppi europei diversi lo ha interrotto). Finora, la ex della finanza e neo pupilla di Elon Musk non aveva fatto che ripetere: «Guardate l’Austria, lì il cordone sanitario non esiste». Il che è in gran parte vero, e non da oggi ma da un quarto di secolo; peccato per Kickl che sia rimasto un cordino – il disaccordo sulla cogestione del potere – sufficiente a farlo inciampare nella corsa a cancelliere.

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Il fallimento dell’estrema destra a Vienna fa notizia a Berlino: AfD si dice delusa. Weidel si consola con Budapest: «Se potremo formare un governo in Germania, seguiremo passo per passo il modello Ungheria», ha detto questo mercoledì da Budapest, al fianco di Viktor Orbán, disposto a offrirle un palco ora che AfD sfiora il potere.

Cosa succederà in Austria

Partiamo allora dal finale, così come lo ha presentato questo mercoledì sera lo stesso presidente della Repubblica, che dopo il fallimento di Kickl apre un’ennesima finestra per i colloqui coi partiti.

A detta di Alexander Van der Bellen gli scenari sono quattro. Il primo: «Nuove elezioni», non prima di qualche mese. Questo è ovviamente lo scenario nel quale spera Kickl, il cui partito era arrivato primo alle elezioni del 29 settembre e che da allora non ha fatto che crescere nei sondaggi, patendo un calo solo da quando ha trattato con ÖVP.

Il leader di estrema destra ha tentato il negoziato nella misura in cui poteva restare pilota di un governo, ma nonostante l’estrema destra sia in testa, i Popolari non accettano di perdere (troppo) il controllo. La rottura si è consumata sull’organigramma (i Popolari mostrano problemi nel lasciare l’intelligence a un partito filorusso protagonista di scandali sui servizi, e la linea sull’Ue a un ministro euroscettico), ma la vera ragione di tutto – sia l’inizio che la fine delle trattative – si comprende attraverso Harald Mahrer, negoziatore di ÖVP e presidente della Camera di commercio: l’affinità sul programma economico aveva spinto i Popolari a rompere i negoziati coi socialdemocratici e spostarsi verso FPÖ, ma ad allontanare le destre è stata la «indisposizione a raggiungere il consenso» (cioè ad andare sempre a compromesso con i vecchi detentori del potere popolari) da parte di Kickl.

Altra opzione: «Governo di minoranza». L’ipotesi era circolata già prima della deflagrazione di questo mercoledì, e si realizzerebbe ad esempio con Popolari e Neos (partito libdem che condivide con ÖVP un’attenzione al mondo imprenditoriale e quindi affinità economiche).

O ancora, «un governo di esperti». Da quando le fratture tra estrema destra e centro destra sono venute in superficie, gli osservatori austriaci non fanno che riferirsi al «modello italiano» («un Draghi, un Monti»). Ovviamente dietro un tecnico c’è una linea politica e un supporto partitico, ma l’opzione ha i suoi sostenitori, pure tra i socialdemocratici come l’eretico Hans Peter Doskozil, governatore del Burgenland: dato che i Popolari, d’accordo con il mondo economico, preferiscono tagliare la spesa sociale piuttosto che tassare i più ricchi, se non altro chi supporta l’operazione “tecnica” non ci rimetterebbe (troppo) la faccia (elettoralmente).

Ciò che Van der Bellen non dice, ma sicuramente Kickl pensa, è che tutti gli scenari possono pur sempre ricondurre al primo: un quadro politico instabile finisce per portare a nuove elezioni.

Quarto scenario: che i partiti formino un governo che ha la maggioranza in aula. Era la strada tentata inizialmente da Popolari e socialdemocratici (con Neos, che per primo ha fatto saltare tutto). Ma ÖVP aveva rotto, assecondando il mondo imprenditoriale, che alle priorità di giustizia sociale del socialdemocratico Andreas Babler preferisce l’estrema destra. Ora che con Kickl tutto è fallito, i Popolari tornano da SPÖ. Ma pretendono che siluri Babler (o la sua linea).

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Determinante sarà il vero uomo chiave dei socialdemocratici, il sindaco di Vienna Michael Ludwig (la capitale vota ad aprile). Dice: bisognerà che «le forze politiche di centro si trovino».

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