Morte Denis Bergamini, la procura ricorre in Cassazione: «No alle attenuanti per Isabella Internò»

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di
Davide Soattini

Il pm aveva chiesto 23 anni: «Da parte sua nessun ripensamento, mai rimeditato la sua esperienza». Anche l’ex compagna del calciatore ferrarese, morto nel 1989 lungo la statale Jonica, impugna la sentenza

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Per la morte di Denis Bergamini, calciatore ferrarese del Cosenza ucciso il 18 novembre 1989 lungo la SS106 Jonica a Roseto Capo Spulico, la Procura di Castrovillari ricorrerà in Cassazione, chiedendo di rivalutare la pena per Isabella Internò. La donna, ex fidanzata del centrocampista rossoblù, era stata condannata – lo scorso ottobre – a sedici anni in primo grado, con la Corte di Assise del tribunale di Cosenza che le aveva riconosciuto le attenuanti generiche prevalenti a quelle aggravanti. 

Questa decisione, che ha determinato un conteggio al ribasso degli anni di pena, ha però trovato la contrarietà del pm Luca Primicerio, secondo cui non sarebbero state considerate una serie di circostanze e comportamenti tenuti dalla Internò che avrebbero portato a una condanna ben più alta rispetto a quella inflitta. In tal senso, la Procura – che per Internò aveva chiesto una condanna a 23 anni – nel chiedere di rivalutare la posizione della condannata mette in evidenza la falsità della versione dei fatti fornita dalla donna alle autorità inquirenti sin dalle sue prime dichiarazioni, oltre che ai suoi familiari, il conseguente inquinamento probatorio, l’efferatezza dell’omicidio e il fatto che la donna non abbia manifestato alcuna forma di resipiscenza. 




















































A ciò si aggiungono poi – per la magistratura – l’insidiosità della condotta dell’imputata e le già riconosciute circostanze aggravanti della premeditazione e del motivo abietto e futile, oltre che la pervicacia con cui ha mantenuto ferma la propria versione dei fatti nel corso dei trentacinque anni. 

Internò ricorre in Corte d’Appello

«Con tale condotta, l’imputata – scrive la Procura – ha dimostrato di non avere alcun ripensamento e di non avere in alcun modo rimeditato la sua esperienza e di tutto ciò la Corte non ha offerto alcuna valutazione, quantomeno in confronto con il ragionamento seguito circa il venire meno della funzione preventiva della sanzione penale, incorrendo nel vizio di omissione di motivazione su un punto qualificante della propria decisione». 

Il pm Luca Primicerio chiede quindi che la sentenza venga annullata limitatamente a questo aspetto e rimandata alla Corte di Assise, in modo tale che possa giudicare nuovamente Internò alla luce delle evidenze segnalate. Contestualmente, la difesa della donna – come già preannunciato – ha presentato ricorso in Corte d’Appello a Catanzaro con l’obiettivo di ribaltare completamente la sentenza di condanna. Per gli avvocati Rossana Cribari e Pietro Pugliese, durante il processo, si sarebbe ricostruito «un mosaico a senso unico», tentando «nei modi più disparati di descrivere il caso Bergamini come il delitto perfetto senza alcuna prova a carico». 

Nelle 556 pagine dell’atto di appello, i difensori della donna sollevano dubbi sulle cause della morte del calciatore. «Non è stato possibile accertare – scrivono – quando sarebbe stato ucciso, dove sarebbe stato ucciso, da chi sarebbe stato ucciso e con che modalità sarebbe stato ucciso». 

E aggiungono che non è stata raggiunta la «certezza al di là di ogni ragionevole dubbio» nemmeno sulla «condotta, come mandante o esecutrice» del fatto a Internò. «Il processo ha offerto solo incertezze e interrogativi che, probabilmente, rimarranno irrisolti dicono e, a tal proposito, spiegano come «l’analisi delle prove condotta dal giudice risulta superficiale, frammentaria e viziata da evidenti errori logico-giuridici, che rendono la ricostruzione fattuale lacunosa e contraddittoria».

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