Il via libera all’aumento delle spese per la guerra, la sorveglianza e la repressione dato alla conferenza di Monaco dalla presidente della Commissione Europea Ursula von Der Leyen è stato chiesto negli ultimi due anni e mezzo dal governo Meloni. Nell’interesse delle industrie e dei lobbisti militari nazionali e sovranazionali quest’ultimo ha chiesto più volte di scorporare solo le spese militari dal patto di stabilità «e crescita» europeo, un’espressione eufemistica con la quale si intende austerità e tagli alla spesa sociale.
Lo ha ricordato ieri il ministro della difesa Guido Crosetto che ha presentato l’ufficializzazione della svolta verso il bellicismo come una «necessità» sia perché «è un impegno internazionale della Nato» sia per «difendere il nostro paese per essere pronto ad ogni evenienza». Per Crosetto questa decisione sarà presa «senza toccare altre spese che sono fondamentali» e avverrà «senza tagliare altri capitoli che sono importantissimi per i nostri cittadini». Vale a dire: sanità, scuola, università e ricerca, pensioni. Insomma il Welfare.
La soddisfazione di Crosetto non ha trovato conforto in altri esponenti del governo, a cominciare dal ministro dell’Economia Giorgetti che il 7 febbraio scorso, in un’intervista al Financial Times, ha detto che la pretesa di aumentare la spesa militare al 5% del Prodotto interno lordo di tutti i paesi della Nato imposta da Trump «è impossibile». Anche se fosse sospesa la clausola nazionale di salvaguardia del patto di stabilità, l’aumento della spesa militare contrasterebbe con un’altra norma prevista dall’accordo capestro siglato dal governo Meloni come la prima commissione von Der Leyen: quella sul debito. In Italia è attorno al 140% sul Pil. Dovrebbe tendere addirittura al 60%. Dunque, oltre alla sospensione dell’austerità solo per i militari, e le industrie che lavorano per loro, andrebbe cambiata anche la norma sul debito. Con il rischio di creare un cortocircuito con la logica generale seguita dal patto che prevede il taglio della spesa sociale, l’accumulo degli avanzi primari di bilancio e la redistribuzione dei costi dell’austerità sulle spalle dei cittadini, a cominciare da quelli più vulnerabili.
Giorgetti e Crosetto hanno ragione e torto allo stesso tempo. L’aumento della spesa militare non dovrebbe intaccare la spesa sociale. Nel frattempo a tagliarla ci pensa il patto di stabilità che continuerà a restare in vigore. In Italia si taglierà 12 miliardi a ministeri e enti locali. Ma di questi tagli non se ne parla. Non sono più oggetto di investimento politico come 15 anni fa. L’austerità è stata normalizzata. L’opposizione parla d’altro.
Che qualcosa non funzioni, ancora, nella politica della militarizzazione dell’economia e della società, lo dimostrano le tre ipotesi in campo per aumentare le spese per le armi e aggirare i limiti che l’Unione Europea si è auto-imposta. La prima: gli Eurobond solo per le armi, e non per il Welfare e il progresso civile del continente (è una delle favole che si raccontano di più in Italia). La seconda: ogni Stato europei stanzi più risorse per il bilancio pluriennale Ue il cui inizio sarà nel 2027 (ipotesi, a quanto pare, sostenuta dalle parti del governo). Terza ipotesi: è quella del cancelliere tedesco uscente Olaf Sholz, guerrafondaio pari ad altri nella storia della socialdemocrazia. In vista del voto del 23 febbraio ieri ha promesso di cambiare addirittura la costituzione tedesca per quanto riguarda la norma che blocca l’aumento del debito pubblico. Solo per finanziare le industrie delle armi. E poi, per aggirare il patto di stabilità Ue, Scholz ha proposto un’eccezione, limitata nel tempo, sugli investimenti armati che superano l’obiettivo del due per cento imposto oggi dalla Nato.
Per l’Italia, concretamente, l’aumento delle spese militari sta già avvenendo da anni. Nell’ultima legge di bilancio il governo Meloni ha stanziato in totale 32 miliardi, 13 dei quali solo per le armi. Aumentarle del 300% (a tanto equivale il 5% del Pil in armi chiesto dal padrino della Casa Bianca) significherebbe arrivare a 100 miliardi all’anno, 80 dei quali destinati a cannoni e cacciabombardieri. Secondo l’Osservatorio Mil€x bisognerebbe trovare anche 480 mila soldati.
Al di là della follia di queste cifre, del resto giudicate «impossibili» dagli stessi governanti, in un modo o nell’altro si è capito che tutto questo potrà portare a un deserto sociale e a una militarizzazione della produzione e delle istituzioni.
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