Non è andato a buon fine l’assalto che dinanzi ai giudici dell’ottava sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (presidente Gugliemo Passarelli Di Napoli, consigliere Giovanni Ricchiuto, estensore Pierangelo Sorrentino) aveva provato la Immobiliare Cinarime srl, di fatto proprietaria dello stabilimento termale Negombo ubicato a Lacco Ameno. La società, difesa dagli avvocati Francesco Montemurro e Alfredo Vaglieco aveva proposto ricorso contro il Comune di Lacco Ameno (rappresentato dall’avvocato Alesdsandro Mangia) chiedendo l’annullamento delle delibere n. 25 e 26 del 30 luglio 2021 e pubblicate poi il 6 ottobre 2021 del consiglio comunale di Lacco Ameno. Atti attraverso i quali il Comune di Lacco Ameno ha approvato il regolamento e le relative tariffe per la tassa dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l’anno 2021 e che venivano osteggiati dalla parte ricorrente per una serie di motivi.
In primo luogo, si osserva nel dispositivo, “con il primo motivo parte ricorrente ha censurato l’erronea indicazione delle superfici imponibili relative agli arenili ed ai parchi termali, a ciò conseguendo l’arbitraria ed erronea elevazione delle tariffe applicabili, con correlato pregiudizio anche per la ricorrente; ha lamentato, in particolare, che «l’esclusione totale o parziale di talune attività produttive di rifiuti solidi abbia determinato una perdita di superfici imponibili la cui inclusione avrebbe certamente determinato una riduzione dell’imposizione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi di almeno il 20% a vantaggio dei contribuenti già iscritti nei ruoli»”. Poi i giudici aggiungono: “Con il secondo motivo ha dedotto che nel provvedimento impugnato non sarebbero stati correttamente individuati né i costi per la determinazione del fabbisogno da coprire con la tariffa, né i criteri utilizzati per la determinazione della tariffa medesima. Con il terzo motivo, infine, ha contestato l’erronea applicazione del regolamento, poiché l’attività esercitata dalla medesima non rientrerebbe nelle categorie di utenze non domestiche approvate dall’Ente, e dovrebbe piuttosto essere ricondotta a quella di stabilimento balneare, trattandosi di un’attività termale; in particolare, parte ricorrente ha dedotto che l’attività di Parco idrotermale non è ricompresa tra le 30 categorie economiche individuate nelle Tabelle 3° e 4° che individuano i Coefficienti per l’attribuzione della parte fissa e variabile della tariffa relativa alle utenze non domestiche; in tale caso, come in tesi previsto dall’art. 17, comma 3, del Regolamento Tari di cui sopra, bisognerebbe fare riferimento, ai fini della individuazione degli indici Kc e Kd, alla categoria di attività che presenti maggiore analogia sotto il profilo della destinazione d’uso e della connessa potenzialità quantitativa e qualitativa a produrre rifiuti”. Di fatto, secondo la ricostruzione della Immobiliare Cinarime, “il Comune di Lacco avrebbe omesso di applicare il suo stesso regolamento dal momento che un parco termale all’aperto, fruibile solo nella stagione estiva da una clientela che indossa esclusivamente abbigliamento balneare potrebbe essere, dal punto di vista dell’attività esercitata, assimilata solo a quella esercitata da uno stabilimento balneare”.
Per la parte ricorrente anche la beffa della condanna al pagamento delle spese di lite, quantificate in 2.000 euro
Ovviamente il Comune di Lacco Ameno si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso ritenuto infondato. La controversia è stata come da prassi trattenuta in decisione e in sentenza i giudici amministrativi non sembrano avere dubbi e spiegano: “Come correttamente posto in risalto dalla difesa dell’amministrazione comunale, le censure articolate nel presente gravame ricalcano fedelmente quelle già esaminate da questo T.A.R. nella pronuncia del 7 novembre 2023, n. 6109 (sez. IV) e in quella del 12 settembre 2022, n. 5680 (sez. I), le cui conclusioni, di natura reiettiva, il Collegio condivide e fa proprie, non ravvedendo ragioni di segno contrario. È infondato il motivo sub I atteso che parte ricorrente, nel contestare le superfici contenute nel piano finanziario, non ha fornito specifica e adeguata prova di quanto affermato, difettando ogni documentazione per provare la asserita diversa consistenza degli arenili in concessione, così come quella dei parchi termali presenti sul territorio comunale. L’allegazione, alla memoria depositata in giudizio in data 5 dicembre 2024, di documentazione concernente concessioni regionali per lo sfruttamento di acque termo minerali nel Comune di Lacco Ameno, rilasciate ad imprese diverse, e concessioni rilasciate dal Comune per lo sfruttamento dell’arenile non può valere, invero, ad assolvere il menzionato onere probatorio”.
Il Tar ancora rincara la dose osservando che “per quanto concerne la questione dei parchi termali (non assumendo rilievo, come meglio si dirà infra, la diversa categoria degli stabilimenti balneari), infatti, l’elenco delle concessioni termo minerali rilasciate ad alcune Strutture operanti sul territorio non ne determina la qualificabilità, sic et simpliciter, ai fini che qui rilevano, in termini di Parchi termali, ben potendo venire in rilievo una diversa classificazione, ad es. quella alberghiera, in presenza, come nella specie, di strutture ricettive che offrono, quale mero servizio accessorio, attività termali ai propri clienti. La presenza di una piscina o di servizi termali non trasforma – detto altrimenti – una struttura alberghiera in un parco idro-termale, con la conseguenza che la documentazione prodotta non appare, sul punto, concludente. Anche i motivi sub II e III vanno disattesi. In base al provvedimento impugnato è ben specificato, diversamente da quanto obiettato (sub II), il criterio di calcolo, cioè il cd. metodo normalizzato, la cui legittimità è già stata positivamente vagliata da T.A.R. Napoli. Quanto alla doglianza sub III, diretta a contestare l’applicazione del regolamento e la tipologia di utenza, come già osservato sulla specifica questione ‘il regolamento prevede un’apposita tariffa per i parchi termali, per cui non occorre ricercare un’attività analoga a cui fare riferimento, non essendovi alcun vuoto di previsione in ordine ai parchi termali. In particolare, le tabelle approvate dall’Ente prevedono espressamente un’attività riconducibile a quella svolta dalla Cinarime s.r.l. ossia quella di Parco Termale. Peraltro, la gestione di Parco termale è attività diversa da quella di gestione di stabilimento balneare dal momento che produce una maggiore quantità di rifiuti, mentre la chiusura stagionale è una scelta non obbligata del gestore. Inoltre il regolamento comunale individua le categorie di utenze non domestiche per la definizione della tariffa del servizio di gestione dei rifiuti, differenziando tra le stesse gli stabilimenti balneari (al n. 03) dai i Parchi termali (al n. 19), sul presupposto che le attività ivi svolte risultano produrre differenti quantità di rifiuti (a parte il rilievo che la ricorrente svolger all’interno del proprio parco anche l’attività di ristorazione, ciò ulteriormente confermando che la sua disciplina non può essere ricondotta a quella degli stabilimenti). Infine, non è secondario rilevare che la categoria c.d. balneari viene applicata dall’amministrazione resistente per la parte del parco in cui effettivamente si svolge tale attività” (T.A.R. Napoli, sez. IV, n. 6109/2023, cit.). Il terzo motivo di ricorso è pertanto infondato”. Da qui l’inevitabile decisione di respingere il ricorso che viene rigettato. Per la Cinarime oltre al danno la beffa, costutuida dal pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente, che sono state quantificate in 2.000 euro.
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