Non mandiamoli più via i nostri ricercatori. Cosa ha voluto dirci Elena Cattaneo

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La senatrice a vita Elena Cattaneo si dimostra ancora una volta una delle rare, autorevoli, voci a sostegno della ricerca e dell’alta formazione nel nostro Parlamento, che assai poca attenzione riserva a una delle questioni strategiche del Paese non solo del futuro ma dell’oggi.

Ha fatto notizia qualche giorno fa la scelta di una giovane ricercatrice italiana, Claudia Misale, calabrese con studi all’Università di Torino, di non tornare nel nostro Paese, con una dichiarazione che suona come una forte denuncia: “A New York con l’AI Stage, oggi guadagno 8 mila dollari al mese in Ibm. In Italia non torno, avrei fatto la precaria”.

Come lei ce ne sono tantissimi: l’esodo è a senso unico (questo è il vero problema!), perdiamo intelligenze, passioni, capacità in crescente fuga all’estero, forti di una grande formazione acquisita nelle nostre università, che evidentemente non sono niente male se formano giovani che all’estero accolgono con grande piacere. Investiamo centinaia di migliaia di euro per formare un laureato, un dottore di ricerca e poi lo regaliamo alla concorrenza internazionale proprio nel momento in cui può produrre per il proprio Paese.

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Questo è, infatti, uno dei tanti paradossi del nostro Paese: pur con meno fondi (investiamo meno del 1,3% del PIL, rispetto al 2,3% della Francia, al 3,1% della Germania e molto al di sotto della media europea pari a 2,2%) e pur con un numero di ricercatori di gran lunga inferiore su 1000 abitanti rispetto ad altri paesi europei (circa 5 su 1000 in Italia, la metà rispetto a Francia e Germania) e a tutta l’area OCSE, abbiamo una produttività a livelli elevati e soprattutto la qualità della formazione universitaria, nonostante un progressivo calo, regge ancora molto bene.

La senatrice Cattaneo ha illustrato la mozione, sottoscritta anche da vari altri senatori, il 12 febbraio 2025, chiedendo non generiche rassicurazioni ma interventi concreti per un finanziamento stabile e sistematico alla ricerca pubblica, con bandi certi e periodici, la costituzione di un’agenzia indipendente che gestisca la valutazione di progetti, come in tutti i gli altri Paesi avanzati.

Il suo intervento è stato accorato, a tratti commosso e ha ricevuto non pochi applausi bipartisan:

“L’orgoglio, colleghi, – sono sue parole – deriva dal fatto di poter sottolineare con voi che questo Paese ancora oggi, un Paese un po’ strano, sempre in bilico tra realtà e finzione, tra competenze e superstizione, dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest, esprime straordinarie capacità in tutte le discipline, da quelle umanistiche a quelle scientifiche. Non posso fare altro che ricordarvi – e devo dire che questo mi commuove ogni volta – che il nostro Paese, negli ultimi dieci anni, è stato il Paese che per primo al mondo ha consegnato a tutti le prime terapie a base di cellule staminali”.

Orgoglio, passione, ma anche delusione e rabbia, nelle sue parole, che sono più esplicite di ogni commento:

“L’imbarazzo c’è ed è forte perché, vedete, io avrei voluto essere qui con voi oggi con una mozione ambiziosa da discutere con voi, con le vostre visioni e le vostre priorità per decidere insieme dove vogliamo essere come Paese tra dieci o venti anni, quale frontiera della conoscenza vogliamo perlustrare, dove vogliamo essere primi al mondo, dove vogliamo guidare l’Europa e il mondo intero. Sono qui invece a chiedere a voi e al Governo il minimo indispensabile in quanto a regole, procedure e risorse, che possano resistere ai cambi di governo e ai passaggi di legislatura, per dare una proiezione ai nostri studiosi e ai nostri giovani”.

Cosa vuol dire il minimo indispensabile? E guardate che stiamo parlando proprio del minimo. Significa bandi pubblici a data certa in modo da consentire una programmazione ai nostri studiosi. Significa valutazione dei progetti in tempi certi, significa soprattutto valutazioni profonde che non diano la percezione ai nostri ricercatori che in realtà stanno semplicemente applicando a una lotteria e non all’assegnazione delle risorse pubbliche alle migliori idee disponibili».

Il dramma principale consiste nella perdita secca di intelligenze giovanili, come ha ricordato in maniera accorata la senatrice Cattaneo ai suoi colleghi:

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“Un giorno sì e l’altro pure ci si chiede perché gli studiosi e i talenti se ne vanno. Le risposte sono qui; negli ultimi dieci anni abbiamo perso 14.000 ricercatori. Se ne vanno 1.400 ogni anno. Sono i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri studiosi. A me verrebbe da dire che un’emorragia di competenze così vistose dovrebbe essere l’ossessione di ogni Governo, ogni giorno.  Invece non è così e, con i minuti che mi sono concessi, vorrei spiegarvi che cosa succede alla ricerca italiana”.

Succede che partecipare a uno dei bandi italiani è un terno al lotto, nel senso che è quasi più facile vincere alla lotteria Italia che a uno dei nostri bandi, le cui valutazioni sono spesso prive di trasparenza. Come ha precisato il nostro Ministero della Ricerca, al FIS 1 (Fondo Italiane per la scienza) a fronte di un budget di 50 milioni di euro hanno partecipato 1.912 gruppi di ricerca, dei quali solo 47 sono stati ammessi al finanziamento. Il bando FIS 2 è stato più ricco, con 338 milioni di euro, ma sono cresciute anche le candidature, ben 2.289: solo 106 progetti hanno ottenuto il finanziamento. Il FIS 3 ha una dotazione ancor più ricca, pari a 475 milioni di euro, ma verosimilmente anche le domande cresceranno in proporzione.

Insomma, il livello di successo è stabilmente sotto il 3%: un terno al lotto appunto! Si può facilmente comprendere il livello di frustrazione dei ricercatori, che investono tempo, energie, creatività, nel costruire un progetto, costruiscono gruppi, reti, alleanze, per poi vedere in gran numero bocciata la propria candidatura, una prima, una seconda, una terza volta. Con il risultato, di rinunciare del tutto o, nel migliore dei casi, cercare altre strade, anche con finanziamenti minori. Inoltre, con queste logiche è spesso la ricerca di base a essere sacrificata.

«Questo dato – ha ribadito la senatrice Cattaneo – significa che si chiede a 100 ricercatori di applicare e se ne finanziano due e mezzo. Capite che è un sistema inefficiente e la stessa strategia fondamentale per la ricerca studiata dal tavolo tecnico voluto dal MUR sottolinea che è necessario e indispensabile, per mantenere la rete di ricerca, arrivare a dei tassi di successo del 24-25 per cento».

Inoltre, anche i sistemi di valutazioni sono inadeguati, come ancora una volta ha denunciato la senatrice Cattaneo ai suoi colleghi, che mediamente conoscono molto poco questo mondo:

«Guardate che le valutazioni dei progetti PRIN o FIS sono qualcosa che veramente fa venir voglia di urlare, tanto sono inaccettabili. Non capisci nemmeno quanti valutatori hanno valutato il tuo progetto. La valutazione è fatta di cinque o dieci parole, quando va bene sono sessanta, superficiali, generiche; sembrano quasi scritte da un robot. Nel bando che si voleva emulare, quello dello European research council (lo so perché le ho avute anche sui miei progetti), le valutazioni arrivano a 9.000 o 10.000 parole; si hanno dieci valutatori; quando vai a Bruxelles ci sono quindici soggetti che ti torturano sul tuo progetto. Le valutazioni italiane, quindi, non vanno bene».

L’Italia dovrebbe portare la spesa in ricerca raggiungendo almeno 0,75% del PIL, rispetto all’attuale 0,50%, ma soprattutto dovrebbe garantire regole certe e costanti, un sistema di valutazione che premi davvero la qualità sostanziale (e non solo i formalismi). Sarebbe necessaria una agenzia indipendente, di alto profilo, perché:

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“Tutti hanno un’agenzia di questo tipo. Pensate che, con mia grande rabbia, l’ultima Nazione che ha istituito la sua agenzia per la ricerca nel 2016 è la Grecia, con un prestito della Banca europea investimenti, che ci ha messo altri 150 milioni. Insomma, siamo proprio gli ultimi, con una commistione di interessi anche con i beneficiari, perché i beneficiari (i ricercatori) fanno parte delle commissioni chiamate a decidere e quindi non va bene, perché la casa di cristallo è proprio un elemento di rottura tra la politica (chi eroga) e i beneficiari”.

Quindi non solo più fondi ma anche una migliore organizzazione. Non resta che chiudere con le stesse parole della senatrice Cattaneo, che spero muovano le coscienze di tutti, oltre ogni logica di schieramento:

“Con questa mozione non faccio altro che chiedere a voi e al Governo di affrontare le politiche per la ricerca con una visione strutturale, allineandoci agli standard europei, soprattutto attraverso un impegno a stabilizzare annualmente almeno i bandi PRIN, con 350 milioni di euro l’anno, fissando tempistiche certe e garantendo valutazioni con standard europei. Chiedo altresì l’istituzione presso il Ministero dell’università e della ricerca di una commissione di esperti, che elabori una proposta per la creazione di un’agenzia per la ricerca indipendente dall’accademia e dalla politica. Credo che solo partendo da qui potremo garantire ai giovani la possibilità di immaginare un futuro per loro nel nostro Paese”.

Grazie, senatrice Elena Cattaneo, a nome di tutti coloro che lavorano, si impegnano, investono energie e passione nell’università, nel CNR e nei vari centri di ricerca, nella scuola (altra Cenerentola), nella società per un paese che sulla formazione e sullo studio costruisca il suo percorso di sviluppo. Oggi più che mai.

È possibile sostenere la mozione aderendo a una raccolta di firme che sta riscuotendo già un enorme successo tra docenti, studiosi, studenti, persone interessate alla formazione e alla ricerca.



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