Alberto Cirio: «Liste d’attesa in sanità? La mia priorità, non ci dormo la notte. Non lascio il Piemonte per Roma»

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Stefania Chiale

Incontro in redazione con il governatore: «La scritta Berlusconi nel simbolo di Forza Italia? La continueremo gelosamente a custodire»

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C’è un orgoglio che appartiene a chi lavora la terra nella metafora con cui il presidente della Regione Alberto Cirio mette a tacere le voci di corridoio su possibili fughe in avanti, in direzione romana e in prospettiva 2027: «Io faccio l’imprenditore agricolo: quando coltivo le mie nocciole non le lascio mai due mesi prima del raccolto, fa parte della cultura che mi ha insegnato mio padre, quella di finire le cose che si sono iniziate». 

Tradotto: nessuna intenzione di lasciare Piazza Piemonte prima del tempo in previsione delle prossime Politiche. Almeno fino al termine del mandato, «del secondo, sia chiaro — dice, piazzandosi saldamente da una parte della barricata che divide la maggioranza di governo —, perché dieci anni sono la misura giusta dell’impegno che si deve avere in un Paese complicato come il nostro, in cui per fare le cose, e vederne i risultati, ci vuole del tempo». 




















































Già, i risultati. Quelli che gli «tolgono il sonno» la notte, ossia «la riduzione delle liste d’attesa nella sanità», e quelli sulla crisi dell’auto, in cui «per la prima volta — puntualizza Cirio alla redazione del Corriere della Sera — non siamo soli». Eppure le risorse sembrano non bastare mai.

Partiamo dalla sanità, che in Piemonte vale 12,3 miliardi. A inizio anno le Asl hanno presentato un bilancio di previsione che sfora i 400 milioni. Come recuperate i costi vista la necessità, contemporaneamente, di abbattere le liste d’attesa e di far partire gli 11 cantieri dei nuovi ospedali ancora fermi?
«Non mi spaventa: si tratta di una previsione che le Asl fanno storicamente e che presenta un passivo anche per via di costi imprevedibili. La sanità vive di due voci. La prima, sempre molto prudenziale per eccesso, sono i costi energetici, perché gli ospedali sono energivori e vecchi. La seconda sono i farmaci innovativi, che portano 90 milioni di euro di maggiori costi. Due voci che la Regione deve coprire come ha sempre fatto: quello che mi interessa è il consultivo e da sei anni che governo questa Regione la sanità ha sempre chiuso in equilibrio finanziario».

Come?
«Eventuali sforamenti rispetto agli otto miliardi e mezzo che ci dà lo Stato li copriamo con i soldi della Regione. Che arrivano da due capitoli: la Gsa, un meccanismo di gestione centralizzato con cui andiamo a coprire le emergenze delle aziende, e i fondi regionali puri. Come abbiamo coperto negli scorsi anni faremo anche quest’anno, facendo però gli investimenti necessari. Uniti ai 547 milioni di euro che è la quota di debito che paghiamo quest’anno: se non avessimo il debito, avremmo mezzo miliardo all’anno da investire».

La sua priorità oggi qual è?
«La priorità rispetto al secondo mandato era quella di far partire in campo sanitario il nuovo sistema di gestione delle liste d’attesa. Non ci dormo la notte su questo. Sono abituato a stare in mezzo alla gente: sento il bene e pure il male, i problemi che ci sono. Questo è quello che percepisco più di ogni altro. Lo scout dice di lasciare le cose meglio di come le ha trovate, io voglio lasciarle risolte».

Avete raddoppiato le risorse per cercare di tamponare la crisi dell’auto. Rifarebbe il selfie con Carlos Tavares?
«(ride) Io i selfie li faccio solo con i calciatori. Arrivo da una terra imprenditoriale: bisogna avere fiducia e dare fiducia».

Contate molto sulla formazione per far arrivare le risorse ai lavoratori, ma le agenzie per la formazione denunciano che mancano i pagamenti.
«Le agenzie formative lamentano quello che lamentano ogni anno e hanno anche ragione: c’è un ritardo nell’erogazione delle risorse. Ieri però abbiamo fatto un piano che ci permette di andare a spegnere le emergenze di chi è più in emergenza rispetto ad altri: abbiamo messo 20 milioni sui fondi GOL facendo fare una modifica alla normativa nel Consiglio dei ministri».

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Cosa comporta?
«Porterò la misura in conferenza delle Regioni in modo che tutti possano utilizzarla. È una misura di politica attiva: se un lavoratore è in cassa integrazione a zero ore e le equivalenti ore che faceva per lavoro le fa per formarsi, viene pagato 560 euro netti mensili, che sommando a cosa prende per la cassa a zero ore diventano 1.560 e quindi mantiene il suo livello reddituale, che era il nostro obiettivo. L’abbiamo fatta solo sull’auto, ma siamo pronti, se necessario, a declinarla anche per gli altri in futuro. È una misura che ha una prospettiva a tempo determinato: da novembre avremo il secondo modello della 500, che già viene prodotto. Il 2024 lo abbiamo chiuso a 34mila auto fatte. Il 26 lo chiuderemo a 134mila: questa è la prospettiva di fiducia che ha segnato anche il cambio di passo nei rapporti con Stellantis e col governo nazionale: un cambio di passo dove agli impegni del governo ci sono stati impegni concreti da parte di Stellantis».

Ma industria ferma e sanità al palo sono un dato di fatto.
«Si tratta di problemi strutturali: vanno affrontati insieme agli altri. C’è un momento storico di rifondazione della sanità pubblica in Italia: quando ne riscrivi le regole non puoi affrontare il problema da solo. Così oggi viviamo la crisi dell’auto, ma per la prima volta non siamo soli perché abbiamo dei compagni di viaggio tedeschi che fanno sì che i problemi diventino problemi europei. Nel piano di von der Leyen c’è la possibilità di fare debito per sostenere l’auto e quindi si sta ragionando su una misura ad hoc come è stato il Pnrr per la sanità, questa volta per la tutela dell’auto in Europa».

Il Piemonte ha un Pil di 150 miliardi, e ne esporta tra i 50 e i 60 all’anno, di cui 5,2 negli Stati Uniti. Tra le regioni più esposte ai dazi di Trump c’è proprio la nostra.
«È un tema che va presidiato con attenzione, ma quando ci sarà un prospetto chiaro. Il nostro è un export di altissimo livello tecnologico quindi irripetibile o di lusso. Sono fiducioso nel mercato: chi mette i dazi è il primo poi a essere penalizzato, quindi il governo Trump farà le sue riflessioni».

Torniamo alla politica: sembra ci sia più opposizione interna nella sua maggioranza che nel centrosinistra, come capita a Roma.

«Io sono politicamente innamorato della nostra maggioranza: è la più grande eredità di Berlusconi ed è la cosa che dobbiamo salvaguardare (e gestire) sempre, a livello centrale quanto locale: stare insieme pur non avendo le stesse sensibilità».

Ha letto l’intervista del Foglio a Marina Berlusconi: scenderà in campo?
«Ha dichiarato più volte di non essere interessata, ciò non toglie che il suo pensiero e i suoi consigli siano importanti. Il nostro leader, Antonio Tajani, ha un rapporto molto stretto con la famiglia e questa è la miglior garanzia di un raccordo continuo. La scritta Berlusconi nel nostro simbolo? La continueremo gelosamente a custodire».

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19 febbraio 2025

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