Conto corrente spiato dal Fisco: come difendersi?

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L’Agenzia delle Entrate controlla i conti correnti. Scopri come funziona l’anonimometro, quali movimenti sono a rischio e come giustificarli.

Hai mai pensato che ogni movimento sul tuo conto corrente può essere esaminato dall’Agenzia delle Entrate? Non è fantascienza, ma realtà. Infatti molti contribuenti ci stanno chiedendo come difendersi se il conto corrente è spiato dal Fisco.

Il Fisco ha la facoltà di controllare i versamenti e, nel caso di aziende e imprenditori, anche i prelievi. Se qualcosa non torna, può richiedere spiegazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 16850 del 19 giugno 2024) ha ribadito che ogni operazione bancaria deve essere giustificabile. Non basta dichiarare l’origine del denaro: occorre spiegare tutte le movimentazioni.

Ma cosa significa tutto questo in pratica? Quali sono i movimenti “sospetti”? E come si può evitare un accertamento fiscale? In questo articolo chiariremo il funzionamento dei controlli sui conti correnti, i diritti e i doveri dei contribuenti e le strategie di tutela in caso di contestazioni.

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L’Agenzia delle Entrate può controllare il mio conto corrente?

L’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973 autorizza l’Agenzia delle Entrate a richiedere alle banche dati sui conti correnti dei contribuenti (e anche conti deposito, carte di credito, ecc.). Questo può avvenire sia nell’ambito di un’indagine fiscale sia come controllo di routine.

Ma oggi l’ufficio delle imposte dispone di uno strumento ancora più potente del vecchio e tradizionale accesso in banca: può ottenere l’elenco di tutte le movimentazioni bancarie eseguite dai contribuenti. Si tratta, quindi, delle informazioni dettagliate sui bonifici in entrata e in uscita, sui versamenti di contanti e sui prelievi effettuati alle casse delle filiali o agli sportelli automatici ATM.

Queste informazioni vengono trasmesse dagli intermediari finanziari all’Agenzia delle Entrate attraverso il Registro dei Rapporti Finanziari, una sezione dell’Anagrafe Tributaria. Questo sistema non solo rivela il saldo del conto, ma anche eventuali rapporti attivi con la banca, come finanziamenti, depositi titoli e cassette di sicurezza.

Quali movimenti bancari sono sotto controllo?

Vale la pena tuttavia ribadire ancora una volta che i controlli sui privati cittadini riguardano esclusivamente il denaro in entrata sul conto, come i versamenti di contanti o di assegni e i bonifici ricevuti. Il Fisco non può chiedere spiegazioni sui motivi dei prelievi effettuati al bancomat o allo sportello.

Invece nei confronti delle aziende, delle società e degli imprenditori (quindi di tutte le partite IVA) i controlli scattano anche sui prelievi se superano i 1.000 euro al giorno o 5.000 euro mensili.

Cosa si intende per operazioni sospette?

Non esiste un elenco tassativo di operazioni sospette. In generale, l’Agenzia delle Entrate si concentra su movimenti:

  • incongrui rispetto al reddito dichiarato: ad esempio, versamenti frequenti e di importo elevato da parte di un lavoratore dipendente con stipendio modesto;
  • non giustificati: ad esempio, versamenti di contanti di importo elevato senza una motivazione plausibile o non coerenti con la dichiarazione dei redditi;
  • ricorrenti: ad esempio, versamenti o prelievi di importi simili a cadenza regolare, che potrebbero indicare un’attività “in nero”.
  • collegati a soggetti a rischio: ad esempio, bonifici da o verso l’estero, specie se si tratta di Paesi considerati “paradisi fiscali“.

L’Agenzia delle Entrate può chiedere spiegazioni su qualsiasi movimento?

In tema di controlli sui conti correnti, l’Agenzia delle Entrate ha il potere di chiedere spiegazioni su qualsiasi movimento bancario del contribuente (come anticipato sopra, tale potere è limitato solo ai versamenti di contanti e ai bonifici ricevuti per coloro che non rientrano nella categoria di imprenditori e società). Questo potere è disciplinato dall’art. 32 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, che prevede che gli uffici delle imposte possano invitare i contribuenti a fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento, anche relativamente ai rapporti e alle operazioni bancarie.

Quando l’Agenzia delle Entrate effettua accertamenti basati su indagini bancarie, si applica una presunzione legale relativa a favore dell’Amministrazione finanziaria: le movimentazioni si considerano riferibili ad operazioni imponibili – e dunque a redditi percepiti e da dichiarare – salvo prova contraria da parte del contribuente, a meno che questi non dimostri il contrario, con prove specifiche e analitiche per ciascuna operazione contestata.

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Non è sufficiente una prova generica o cumulativa; il contribuente deve fornire giustificazioni dettagliate per ciascun versamento o prelevamento (Cass. sent. n. 12229/2023, n. 6327/2024, n. 34281/2019, n. 17413/2022).

La difesa del contribuente

Per difendersi efficacemente dalla presunzione di imponibilità, il contribuente deve:

  • fornire documentazione dettagliata, come fatture, contratti e ricevute che attestino la natura delle somme movimentate;
  • spiegare ogni singola movimentazione, dimostrando che non riguarda redditi imponibili;
  • dimostrare l’estraneità delle operazioni al reddito imponibile, ad esempio nel caso di rimborsi, prestiti, trasferimenti tra conti personali o vendite di oggetti usati, o che si tratta di di redditi già tassati alla fonte (come le vincite al gioco), o di piccole donazioni (ossia “donazioni di modico valore” che, in quanto tali, sono fiscalmente esenti).

Cosa succede se l’Agenzia delle Entrate mi chiede spiegazioni?

Se ricevi una richiesta di chiarimenti, di solito sotto forma di questionario o invito a comparire, devi rispondere in modo dettagliato e documentato.

Le prove devono essere documentali, avere data certa e dimostrare la provenienza e la destinazione del denaro. Le testimonianze orali non sono ammesse nel processo tributario.

Se non fornisci giustificazioni adeguate, l’Agenzia delle Entrate può presumere che quel movimento rappresenti un reddito non dichiarato, e quindi soggetto a tassazione.

Cos’è l’anonimometro e come funziona?

L’anonimometro è un algoritmo utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per individuare anomalie nei movimenti bancari, segnalando possibili casi di evasione fiscale. Funziona così:

  1. raccolta dati: le banche trasmettono all’Agenzia delle Entrate le informazioni sui movimenti bancari dei contribuenti;
  2. pseudo-anonimizzazione: i dati personali e identificativi (nome, codice fiscale, ecc.) vengono sostituiti da codici fittizi, per proteggere la privacy dei contribuenti;
  3. analisi: l’algoritmo analizza ed esamina i dati “anonimizzati” per individuare i movimenti anomali;
  4. identificazione: se l’algoritmo rileva anomalie significative, l’Agenzia delle Entrate chiede alla banca di “de-anonimizzare” i dati per risalire all’identità del contribuente.

Il Garante per la protezione dei dati personali ha approvato l’uso dell’anonimometro nel 2023, ritenendolo conforme alla normativa sulla privacy. Per saperne di più, leggi il dossier “Controlli sui conti correnti con anonimometro“.

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