Il nonno era un aviatore della Grande Guerra (quella del quindici-diciotto). Leggenda familiare narra che abbia volato con D’Annuzio. La verità è che lo incontrò una sola volta, quando il Vate tornò da Vienna. Eppure, per noi nipoti vale la leggenda, e ogni volta che salta fuori il nome di Gabriele D’Annunzio tendiamo l’orecchio. Impossibile resistere al richiamo di “Fiume o Morte”, il film, che è anche documentario, racconto storico, interpretazione personale del regista e sceneggiatore Igor Bezinović (in sala pochi giorni, dal 24 al 26 febbraio). Non spaventatevi: non assomiglia a nessuno dei pipponi che ci propina la tivù. Ma un po’ di storia bisogna saperla, giusto per capire di cosa si sta parlando.
Intanto l’attualità: oggi Fiume si chiama anche Rijeka ed è una città croata. Importante puntualizzare visto che è stata austriaca, francese, ungherese, tedesca, jugoslava… La volevano tutti perché era un importantissimo scalo portuale utile a ogni paese d’Europa: fu per anni considerata corpus separatum, una città autonoma, di madrelingua italiana, una sorta di dialetto molto simile al veneto. Esattamente quello parlato nel film. A un certo punto, nel 1919, la voleva anche D’Annunzio, che il 12 settembre se ne impossessò con il supporto di duemilacinquecento “legionari”. L’occupazione durò sedici mesi testimoniati da una quantità di materiale incredibile per l’epoca perché D’Annunzio ingaggiò gruppi di fotografi con l’incarico di documentare il più possibile per fare propaganda: ci sono più di diecimila fotografie e una serie di video che sono il punto di partenza di “Fiume o morte!”. «Ho iniziato a immaginarlo nel 2015 – racconta Igor Bezinović che all’epoca aveva trentun’anni – volevo conoscere meglio il passato della mia città, Rijeka/Fiume, e anche il presente. Ho coinvolto centinaia di concittadini: autisti, politici, netturbini, archivisti, portieri, cuochi, musicisti, professori, traduttori, camerieri… La narrazione è cronologica, utile alle nuove generazioni per riflettere su come le storie vengono narrate e tramandate».
Giusto: c’è chi ritiene quella di Fiume l’impresa di un uomo coraggioso e visionario che alcuni, addirittura, considerano una sorta di Che Guevara. Igor Bezinović la pensa più come Pier Paolo Pasolini che chiamò l’invasione una “pagliacciata narcisistica”. Ed è su questa definizione che viene costruita la sceneggiatura. Il film inizia come una sorta di inchiesta street: si chiede ai passanti in città se conoscono la storia dell’invasione o se sanno qualcosa di D’Annunzio. Come sempre risposte vaghe, qualche castroneria, molte alzate di spalle, solo un super appassionato di storia sa. Ovvio che venga voglia di far conoscere a tutti come sono andate le cose. Ma bisognava trovare un modo, che fosse brillante ma documentato, corretto e moderno. Il risultato è «come una di quelle conversazioni brillanti che ti capita di fare con qualcuno che sa rendere la storia più avvincente di qualsiasi fiction. “Fiume o morte!” è un film che ti fa ridere e pensare, che ti diverte e ti inquieta», dice la storica Mariana E. Califano. Divertimento? Ebbene sì.
Intanto l’idea di come raccontare un evento vecchio di più di cent’anni è geniale: ricreare le foto e i video d’allora con fiumani, e non attori, sullo sfondo della Fiume di oggi. Quelli che parlano meglio il dialetto sono le voci narranti, in una sorta di staffetta. Tutti gli altri, scelti dopo un casting che immaginiamo pazzesco, sono come le figurine posizionate su un tabellone di una sorta di Risiko immaginario. L’effetto è stralunante: le vicende sono quelle reali, garantite dallo storico Federico Carlo Simonelli e dalle suddette immagini; i costumi sono divise militari arraffazzonate, abiti quotidiani di adesso o mutande (nelle scene di spiaggia); le facce sono vere e i capelli dei ragazzi sembrano quelli dei calciatori… Ovvio che le ricostruzioni diventino buffe, quasi grottesche.
Il risultato? Si ride molto, perché se succedesse oggi una cosa così non si potrebbe fare altro. E s‘impara veramente una pagina della nostra storia che, quando andavamo al liceo saltavamo, perché t’interrogavano sulle guerre puniche visto che col programma non si arrivava mai al Novecento. Ironia della guerra, che è comunque guerra anche se messa in ridicolo, con tutto il dolore, la distruzione e le conseguenze nefaste per la gente e la politica. Morale della favola? La famosa impresa di Fiume, per dirla alla Fantozzi, è stata una cagata pazzesca. Questo film, invece, è formidabile.
P.S. Menzione speciale per il montaggio di Hrvoslava Brkušić «le sue calma, creatività, pazienza e fiducia sono state un ancoraggio fondamentale per il film». Parola di regista.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link