Assegnazione delle case popolari in Lombardia: “Il regolamento è discriminatorio. Troppi punti a chi risiede in regione”

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Milano – Gli anni di residenza in Lombardia e in un Comune lombardo non possono diventare il criterio in base al quale decidere a chi debba essere assegnata una casa popolare. Al contrario, si tratta di un criterio “discriminatorio”. Questa, in sintesi, la sentenza emessa mercoledì dal tribunale di Milano contro il regolamento adottato dalla Regione Lombardia per le assegnazioni degli alloggi pubblici, un regolamento che risale al 2017 ma che ha via via subìto modifiche proprio in coincidenza delle sentenze dei tribunali. Non è la prima volta, infatti, che i giudici contestano l’operato dell’assessorato lombardo alla Casa.

Nel 2020 la Corte Costituzionale aveva obbligato la Regione ad eliminare dal regolamento la norma che consentiva di chiedere una casa popolare solo a chi avesse alle spalle almeno 5 anni di residenza in Lombardia. Venuta meno la possibilità di questo requisito d’accesso, la Regione ha comunque mantenuto un sistema di calcolo del punteggio che, secondo la sentenza resa nota ieri ed emessa dal giudice Valentina Boroni, non solo pone in essere una discriminazione ma pone anche in secondo piano quello che dovrebbe essere, invece, il criterio centrale in base al quale assegnare gli appartamenti popolari: il criterio del bisogno. La sentenza in questione è di primo grado, la Regione può eventualmente fare ricorso.

Premesso questo, il punteggio attualmente in vigore prevede di riconoscere 3, 4.5 o 6.5 punti a seconda che il periodo di residenza pregressa in Lombardia sia, nell’ordine, tra i 5 e i 10 anni, tra i 10 e i 15 anni o superiore a 15 anni. In aggiunta viene premiata anche la residenza pregressa nel Comune nel quale si fa domanda: i punti in questo caso oscillano da 1 a 8 a seconda che il periodo di residenza pregressa sia di minimo 2 anni o superiore ai 10. “Con questo impianto regolamentare – spiega Roberta Vaia, segretaria regionale della Cisl – la residenza finisce per incidere per il 40% sul punteggio finale col risultato che solo chi si trovi in una condizione di estremo bisogno riesce ad ottenere un alloggio a prescindere dalla residenza pregressa”. A promuovere la causa sono stati proprio le segreterie regionali dei sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil), il Sicet, le associazioni Naga, Avvocati per Niente e Asgi (Associazione degli Studi giuridici sull’immigrazione) e un cittadino dello Sri Lanka. E il tribunale ha accolto le ragioni dei ricorrenti.

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Come si legge nella sentenza, il giudice “accerta il carattere discriminatorio della condotta tenuta da Regione Lombardia, consistente nell’aver previsto punteggi per la residenza pregressa sproporzionati rispetto ai fattori significativi della situazione di bisogno alla quale risponde il servizio, quali sono quelli che indicano condizioni soggettive e oggettive dei richiedenti”, quindi “ordina la cessazione della condotta discriminatoria modificando il regolamento in modo che i punteggi per la residenza protratta non siano superiori ai punteggi assegnabili per la condizione soggettiva e oggettiva”, siano “collegati in modo inscindibile con le condizioni di disagio” e “sia consentito a tutti i richiedenti, anche quelli con un periodo di residenza minimo o inesistente” di giocarsi le proprie chances in base al bisogno, al reddito Isee.

Le associazioni promotrici e le organizzazioni sindacali – si legge nella nota di diramata da chi ha impugnato il regolamento – esprimono soddisfazione per il risultato ottenuto e rammarico per la mancata considerazione delle richieste avanzate su questo punto in occasione della recente revisione del regolamento. Auspichiamo il ripristino dei principi di uguaglianza ed equità affermati dalla sentenza”. Quindi Carmela Rozza, consigliera regionale del Pd: “L’ideologia della destra produce ancora una volta danni. L’ostinazione della Regione a non cambiare il regolamento, già bocciato dalla Corte costituzionale, porterà di fatto al blocco delle procedure mentre in Lombardia gli alloggi Aler sfitti sono quasi 23 mila”. “Le sentenze si rispettano, non si commenta no – replica Paolo Franco, assessore regionale alla Casa –. Ciò detto, rilevo che il tribunale ha esplicitato concetti che sono già inseriti nella modifica al regolamento sulle assegnazioni di cui è in corso l’iter di approvazione in Regione”.



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