CATTIVO CITTADINO di Gianni Barone / LA SOSTENIBILE PESANTEZZA DI ESSERCI » Stadio Ennio Tardini Parma

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(Gianni Barone) – Un Parma special, uno o due, che ritrova la compattezza, l’unità, e la capacità di reggere il ritmo e l’urto, peraltro molto flebile nel primo tempo, quasi assente nel secondo, del Bologna, e che mette in mostra una faccia diversa dei Crociati rispetto al passato recente, soprattutto nella maniera e nella capacità di saper difendere con molti più uomini chiudendo al meglio, come ammesso dallo stesso tecnico del Bologna Vincenzo Italiano, tutte le linee di passaggio.

Capacità che hanno sorpreso un po’ tutti per la partecipazione offerta anche da chi si è sacrificato (i due esterni Cancellieri e Almqvist su tutti) in un lavoro solitamente non adatto alle loro caratteristiche e in passato non richiesto in un modo così eloquente e continuo, ma il nuovo corso Chivu, ha fatto capire subito che tipo di strada sembra voler far intraprendere al Parma, in questo sprint verso la salvezza possibile e non solo immaginabile. Una sorta di “sostenibile pesantezza” (non leggerezza, si badi bene…) non dell’essere, ma dell’esserci, per davvero, tutti dietro e dentro tutti, con lo spirito giusto di chi non si deve mai tirare indietro e deve cominciare e/o imparare a lottare dall’inizio alla fine per riuscire ad essere (l’esserci di cui sopra che non va svilito) e non solo apparire consapevoli, all’improvviso senza che nessuno se lo fosse aspettato, Bologna in testa che credeva di aver di fronte un colabrodo e invece si è trovato un muro eretto, grazie a quella fiamma che, toccando i tasti giusti, per sua stessa ammissione, il tecnico è stato capace di creare ed infondere per aderire e valorizzar quella missione a cui sono stati chiamati, tutti nessuno escluso, per rendere possibile ciò che sembrava impensabile.

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In primo luogo quella di un allenatore, motivato, determinato che da bordo campo, ha quasi “telecomandato”, come si fa di solito col calcio dei giovani, la cui lezione è da lui stata ben compresa, tutti i movimenti dei giocatori in campo, con gesti e con la mimica necessari per essere compreso e per far breccia nell’attenzione e nella concentrazione da tenere in evidenza per tutta la durata della gara. Partecipazione, equilibrio, per aver una squadra corta che non lascia spazi alle incursioni avversarie, sia laterali che frontali, e che riesca a ripartire in velocità a sorpresa, come in occasione del gol del raddoppio di Sohm.

A tratti, ma qui l’immaginazione e la fantasia potrebbero prendere il largo o giocare brutti scherzi se si dice che si è quasi intravista la concretezza tipica delle squadre pratiche di Mourinho, tipo l’Inter del triplete di cui Chivu era stato uno dei protagonisti, però il richiamo della realtà, di qualcuno al mio fianco mi ricorda il pullman di D’Aversiana memoria, delle due salvezze consecutive ottenute dal Parma in A, che mi fa perdere il fascino e l’incanto del paragone e del ricordo.

Roberto D'Aversa

Battere il Bologna, che sulla carta e alla luce degli ultimi rovesci, sembrava cosa quasi impossibile, però complice anche l’impalpabilità dell’attacco dei felsinei che forse, stando ai risultati e alla classifica, ha conosciuto momenti migliori, è sembrato a tratti sin troppo facile e scontato ed ha messo in luce una carica agonistica che forse la scossa del cambio della guida tecnica ha sicuramente amplificato come forse nessuno si sarebbe aspettato in misura così massiccia. Una squadra che aveva bisogno non di rivoluzioni, ma di azioni convinte e vincenti e soprattutto di reazioni, come quella avuta dopo tre minuti di gioco con la sostituzione forzata di Bernabé, finalmente restituito al suo ruolo congeniale di mezzala (alla spagnola) che s’inserisce e fornisce imbucate (come da noi spesso invocato) e che ha fatto riaffacciare in campo Estévez, a lungo fuori nell’ultimo mese per motivi che sono ai più sfuggiti, e che mettendosi davanti alla difesa, con lo spostamento a destra di Keita (che finalmente, caso più unico che raro, è riuscito per la prima volta a fare una partita intera finendola, poi, come play basso, così come l’aveva iniziata dopo l’uscita per crampi dell’argentino desaparecido nella gestione precedente) ha dato quell’equilibrio tattico di cui la squadra necessitava. Il classico giocatore che non si vede tanto, ma si “sente” – eccome! – nell’economia del gioco nelle due fasi e che riesce a dare ai compagni sempre supporto e appoggi.

Anche la linea difensiva molto più stretta ha funzionato: infatti abbiamo negli occhi ancora la mimica delle mani di Chivu, che si uniscono con forza nei palmi, all’indirizzo dei centrali (Balogh e Valenti entrambi determinati, grintosi e all’altezza) per stare a significare che avrebbero dovuto stare stretti il più possibile per evitare imbucate e l’inserimento fra loro della punta centrale: suggerimento da vecchio bucaniere delle aree di rigore . Emblematico anche l’accorrere di Estévez verso la panchina, per ricevere istruzioni dal tecnico circa la maniera da adattare per assorbire i movimenti dei centrocampisti del Bologna (Freuler e Pobega) che, nella logica posizionale delle rotazioni, cambiavano funzione tra una fase l’altra. Tutti particolari che concorrono nell’affermare che si deve continuare a credere in questo tipo di svolta tattico strategica che ha portato sorrisi, entusiasmo e soprattutto punti nella classifica che ora piange un po’ meno… Gianni Barone

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