Biella: «Dura ma fattibile. E siamo più maturi»

Le idee chiare, come sempre. I pensieri al posto giusto. L’ordine delle cose – anche nell’esposizione – quasi maniacale. Parli con Antonio Biella, consigliere e sponsor di Acqua S.Bernardo, e ti accorgi, una volta di più, di come si possa essere razionale anche davanti alle cose che più di tutte ti trasformano in tifoso.

Si parla di sport, ma gli intrecci con la vita e le scelte imprenditoriali sono mille e più. A dimostrazione di come capitano di ventura non si diventi per caso. E il riferimento ad Acqua S.Bernardo e al magnifico mondo che gira intorno a Garessio non è affatto casuale.

Tantissimo, così come chiaramente mi piacciono moltissime altre discipline. Ma perché questa domanda?

No, no, tranquilli. Il basket accompagna la mia vita da settembre a giugno. Poi d’inverno, ovviamente, ci sono gli sport di montagna e d’estate tanta bicicletta. Non mi faccio mancare nulla.

Ce l’ho principalmente perché mi scalda e perché è molto bella. Lo so, è di Armani e a Cantù tutto questo non si dovrebbe dire. Ma tenere così al caldo, pur nella sua leggerezza, non è cosa di poco conto, credetemi…

Era il momento di essere ancora più vicino alla squadra. Tante volte, per lavoro e altri impegni, mi tocca dare forfait, ma dopo cinque sconfitte ho fatto di tutto per arrivare.

Importante e decisiva. Ho visto finire la gara praticamente di fianco a voi della stampa, perché l’indomani sarei dovuto ripartire all’alba e non potevo permettermi di rimanere intruppato nel traffico. Ma quel canestro di Valentini…

Sono d’accordissimo. Potrebbe essere stato il momento che ci ha tirato fuori dalle difficoltà. Ma, proprio per questo, altro passaggio che per me si rileverà fondamentale nella stagione, sono le stesse cinque sconfitte che avevano preceduto quel tiro da tre.

Quei passaggi a vuoto – chiaramente sarebbe stato meglio non ci fossero stati – saranno forse il masso che ci porteranno ai playoff. Ma sono convinto siano anche serviti a dare forza al roster, che spero abbia tratto insegnamenti da quelle difficoltà. Un cammino nel quale va tutto bene, al contrario, forse non dà gli anticorpi per gestire i momenti particolari. Ecco, io mi auguro che questo delicato periodo della stagione abbia fornito l’antidoto per essere pronti quando conta davvero.

Naturale, questa è la mia speranza. Così come penso, e credo, che da quei faccia a faccia tra giocatori e giocatori staff possa essersi cementato un gruppo e non solo una squadra.

Forse è banale rispondere al solito modo, e cioè che io mi innamoro regolarmente di tutte le mie squadre. Mi piace il capitano Baldi Rossi, mi piace Piccoli, uno che se gioca con i tuoi colori lo ami e se invece è un avversario lo odi. Adoro il coach Brienza, la classica persona che dopo aver scritto la storia se n’è andato, che forse per questo a qualcuno è diventato un po’ antipatico, ma che io credo che sia tornato per riscrivere un’altra grande pagina. E così via.

Piace, piace. Piace il modo d’intendere il basket, soprattutto a me che prediligo una pallacanestro fatta di tanta difesa e che non ho mai gradito l’Nba solo spettacolo e poca sostanza. Mi piacciono, paradossalmente, molto di più le partite a punteggio basso.

L’ho notato anch’io, è vero. I tifosi, e soprattutto gli Eagles, ci sono stati sempre vicini, senza mai inscenare contestazioni o quantaltro. Vero, non è mancato qualche mugugno, specie via social, ma forse abbiamo imparato ad ascoltarli senza farne nei drammi, come accaduto in passato. Ci sono momenti e momenti, e tutti vanno gestiti. Allarmismi e comportamenti repentini, questo posto più di tutti lo insegna, hanno sempre e solo fatto male.

Dico che, insieme all’ambiente, siamo maturati anche noi. Sceneggiate, telenovele e comportamenti scomposti ce ne sono stati molto meno del passato. Abbiamo costruito un cda con tante voci e con l’ingresso di persone di grande esperienza e buon senso.

A lui, sì, ma non solo. Insomma, insieme si cresce.

Nulla è deciso. Certo, il primo posto che dà uno dei due accessi alla serie A è un po’ più difficile. La vedo dura, ma mai dire mai. Per usare un parallelismo con lo sci, ora è come se noi avessimo chiuso la prima manche al quinto o sesto posto, sapendo che per provare a vincere nella seconda bisogna scendere a tutta, sperando poi che magari esca qualcuno, chessò anche quello che in testa. Qui, è vero, bisognerebbe beccare l’uscita di due avversari, e quindi la sfida si fa ardua, ma non disperiamo.

E quindi tenere sempre la barra dritta, ben sapendo che ci sarà un’altra opportunità, grazie ai playoff e se fosse lì che dovremo giocarcela, l’auspicio è quello di arrivarci nella migliore condizione possibili. Di testa e di fisico. Finché calendario e formula ci concederanno chance, sono sicuro che noi potremo avere le carte giuste.